Thursday, April 30, 2015

2015.04.57

Markham J. Geller, Melothesia in Babylonia: Medicine, Magic, and Astrology in the Ancient Near East. Science, Technology, and Medicine in Ancient Cultures, 2. Berlin; Boston: De Gruyter, 2014. Pp. xii, 100. ISBN 9781614517757. €69.95.

Reviewed by Gioele Zisa, Ludwig-Maximilians-Universität München (Gioele.Zisa@campus.lmu.de)

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M. Geller, che ha dedicato svariati anni al tema della medicina babilonese, pubblica quest'ultimo volume sulla melothesia, disciplina che studia i rapporti intercorrenti tra i segni zodiacali, i corpi celesti e il corpo umano. La ricerca si sviluppa a partire da alcuni interessanti testi provenienti dalla città di Uruk del periodo persiano ed ellenistico.

Questo libro è il prodotto di quattro intensivi periodi di ricerca presso il Max Planck Institut für Wissenschaftsgeschichte, svolti tra il 2007 e il 2009. I primi risultati erano stati già pubblicati come Preprint con il titolo Look to the Stars: Babylonian medicine, magic, astrology and melothesia (Max Planck Preprint 401, Berlino, 2010). In questa sede molti dei testi sono stati rivisti e altro materiale è stato aggiunto.

Scopo del libro è, come egli chiarisce nell'introduzione, indagare aspetti della "globalizzazione della conoscenza" nel Mediterraneo antico, cogliendo similarità tra la medicina greca e quella babilonese, in un periodo caratterizzato dall'avvento del pensiero filosofico in Grecia e dai progressi in matematica e in astronomia in Babilonia.

Nel primo capitolo ("The Uruk 'taxonomy'"), egli analizza un testo rinvenuto a Uruk e datato al periodo tardo-babilonese, SBTU I 43. Quest'ultimo è costituito da una sola colonna e suddiviso in quattro parti, ognuna delle quali contiene una lista di categorie diagnostiche associata a una regione del corpo e ai suoi organi. Geller ci fornisce la trascrizione, la traduzione, la copia cuneiforme e le foto del testo, oltre al commento filologico. Dopo aver mostrato la natura differente del testo SBTU I 43 rispetto ad altri della tradizione terapeutica mesopotamica, lo studioso impiega, allo scopo di analizzare il testo, un approccio comparativo, basato sulla medicina greco-romana, in particolare sul metodismo. L'autore si sofferma sulle specificità del sistema medico metodista, elaborato nel 1° sec. d.C. dal medico greco Temisone di Laodicea sulla base delle concezioni di Asclepiade di Prusa.

Secondo il metodismo le malattie sono descritte in tre stadi: "restrizione", "allentamento", "misto dei due precedenti". In generale dunque esse possono essere ricondotte a eccesso o deficit di tonicità. Geller sostiene che, sebbene non ci siano teorie mediche babilonesi che esprimono chiaramente questa idea, le nozioni di "restrizione" e "allentamento" fossero ben note in Mesopotamia, e cita al riguardo il termine ḫiniqtu, "contrazione", e il verbo paṭāru, lett. "sciogliere un nodo". Oltre al metodismo, lo studioso confronta la teoria delle quattro archai di Galeno secondo cui ogni "principio primo" governa uno dei quattro organi principali del corpo umano: cervello, cuore, fegato e testicoli. Geller si chiede se la menzione delle quattro parti del corpo nel testo SBTU I 43, cioè libbu (mente/cuore), pî karši (bocca dello stomaco), ḫašû (polmoni), kalâti (reni), possa rispecchiare una generale concezione medica simile a quella galenica, secondo cui certi intrinsechi fattori o proprietà di questi quattro organi possono creare condizioni causanti patologie.

Nel secondo capitolo ("Uruk Astral Magic") l'assiriologo analizza due testi di carattere magico-astrale provenienti dalla Uruk del periodo ellenistico, BRM 4 20 e 19, in cui a una specifica pratica magica corrisponde un segno zodiacale. Dei testi è fornita la copia cuneiforme, la trascrizione, la traduzione e il commento filologico. La domanda è se la precedente tassonomia medica e tale magia astrale rappresentino esempi di un'innovazione nel pensiero scientifico a Uruk, che possono avere caratteristiche in comune con l'astrologia medica greca che emerge nello stesso periodo e si svilupperà in seguito.

Una tavoletta da Sultantepe, datata al VII sec. a.C., è analizzata nel terzo capitolo ("The Neo-Assyrian Precursor: Before the Zodiac"). Questo testo contiene essenzialmente le stesse informazioni dei testi BRM 4 20 e 19, ma al contrario che in quest'ultimi gli stessi fenomeni sono associati non ai segni zodiacali, ma ai giorni del mese e al "tempo usuale" (ud.da.kám = adannu). Questa differenza rappresenterebbe dunque un cambiamento importante nell'emerologia tradizionale, nello stesso periodo in cui emergono nuove idea mediche di cui il testo SBTU I 43 sarebbe un rappresentante. Nello stesso capitolo altri testi del corpus astrologico tardo-babilonese sono confrontati: LBAT 1626, SBTU V 243 e due commentari su "Marduk's Address to the Demons".

Nel quarto capitolo ("Ancient Aramaic and Greek Parallels") Geller sottolinea l'importanza della comparazione con i testi della tradizione aramaica e greca, in particolare con il Libro mandaico dello zodiaco e i papiri magici greci. Interessanti sono anche i confronti tra i testi di Uruk e il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo.

L'interpretazione del testo SBTU I 43 è oggetto di analisi nel capitolo quinto ("Astrological Interpretation of SBTU I 43"). Giacché il confronto con la documentazione greca contemporanea e più tarda non è stato in grado di aiutare a comprendere la natura del testo babilonese, Geller opta, allo scopo di trovare un'altra possibile chiave di lettura, per un raffronto con i testi di magia astrale.

Il sesto capitolo ("Melothesia") è sicuramente quello più importante, in cui è analizzata la dottrina ellenistica dell'influenza dei segni zodiacali e dei pianeti sull'anatomia umana. Sebbene non vi siano testi cuneiformi esplicitamente relativi alla melothesia, non mancano elementi a essa riconducibili nella documentazione mesopotamica. L'autore dunque analizza, all'interno dell'astronomia babilonese, testi probabilmente caratterizzati dalla dottrina della melothesia, secondo cui specifiche categorie diagnostiche sono associate a omina celesti, se non direttamente ai segni zodiacali. Questo capitolo dunque si sviluppa come conclusione ideale dei capitoli precedenti, in cui lo studioso ha cercato di individuare possibili chiavi interpretative per i testi di Uruk del periodo persiano ed ellenistico.

Il capitolo settimo riguarda le ipotesi finali del lavoro dell'assiriologo. In esso egli sintetizza il percorso, articolato e complesso, che l'ha condotto a percorrere diverse linee interpretative allo scopo di comprendere l'enigmatico testo SBTU I 43. Il primo tentativo è stato quello di confrontare il testo in questione con le dottrine non ippocratiche della medicina greca, come quella metodista. Non avendo portato a nessun evidente risultato, l'autore ha indagato la magia astrale babilonese secondo cui i segni zodiacali hanno un ruolo decisivo nel determinare quando una pratica magica deve essere eseguita. Non mancano inoltre nei testi medico-astrali babilonesi associazioni tra pietre, piante e altri ingredienti impiegati in amuleti, probabilmente a scopo medico, e i segni zodiacali, corrispondenti a specifiche date del calendario. Infine l'analisi di elementi della dottrina della melothesia nelle fonti mesopotamiche ha permesso di chiarire probabilmente la natura del testo "la tassonomia di Uruk". Secondo Geller il testo SBTU I 43 sarebbe una lista di categorie diagnostiche associate a specifiche parti del corpo, ognuna delle quali influenzate da un determinato segno zodiacale. L'assenza della menzione dei segni zodiacali nella tavoletta sarebbe ascrivibile al fatto che fosse ben nota al tempo presso gli astrologi l'influenza di specifici segni zodiacali su particolari parti del corpo, e dunque il riferimento esplicito ad essa sarebbe stato superfluo. Il testo non costituirebbe, stricto sensu, una tassonomia delle malattie, quanto piuttosto un pezzo di, come lo stesso Geller lo definisce, un grande e complesso puzzle della dottrina dell'influenza dei segni zodiacali sul corpo umano.

Non mancano in appendice ("Modern Reflection") considerazioni sui rimedi floreali del Dott. Bach connessi a specifici stati emotivi e psicologici, confrontati con pratiche terapeutiche mesopotamiche (uso di piante ed erbe usate per trattare disturbi psicologici di varia natura).

Il volume tratta un tema complesso com'è quello della relazione tra i segni zodiacali, i pianeti, il Sole, la Luna e il corpo umano nelle teorie mediche babilonesi. Non vi sono stati in precedenza studi specifici sull'argomento e in questo sta l'innovatività del lavoro di Geller. L'impiego del metodo della comparazione di pratiche e teorie mediche di differenti aere culturali coeve, pur essendo talvolta pericoloso, rimane comunque uno strumento assai fruttuoso. Laddove i testi non ci forniscono informazioni adeguate alla comprensione delle speculazioni mediche in Babilonia, lo sguardo rivolto ad altre culture antiche, come quella greca e quella aramaica, è indispensabile. Geller sottolinea spesso l'importanza dell'analisi comparativa nell'analisi dei testi babilonesi del periodo persiano ed ellenistico, in cui Uruk era un centro culturale di grande importanza. All'interno del corpus medico pervenutoci da Uruk è possibile rintracciare nozioni mediche probabilmente condivise all'interno del mondo scientifico del periodo, e che rappresentano dunque aspetti di una generale globalizzazione delle conoscenze mediche durante l'ellenismo.

Il mio giudizio è generalmente positivo, sebbene non condivida alcuni principi teorici. Geller infatti afferma: «There is an enormous advantage to comparing systems of ancient medicine because of its finite field of scientific inquiry (i.e. the human body), and the finite number of diseases and conditions which were being studied in each individual society. The actual subject of inquiry is the same everywhere, which is what distinguishes medicine from magic, religion, and storytelling, etc. […] As with mathematics or astronomy, medical theories are restrained by certain limiting factors, such as human anatomy or disease symptoms, and although much is left to human imagination, the nature of inquiry is relatively restricted» (p.14) . Se la mia lettura del testo di Geller è corretta, egli sostiene che la comparazione di differenti sistemi medici è giustificata dal fatto che, nonostante l'interpretazione culturale delle singole società, il corpo umano (più specificatamente la sua anatomia) e le malattie rappresentano dei fattori limitanti nell'indagine delle teorie mediche. A mio avviso, non può essere questa la ragione del metodo comparativo: sembra infatti che l'autore consideri specifiche categorie diagnostiche non tanto come modelli esplicativi, cioè interpretazioni culturali che ogni cultura elabora della malattia, quanto come realtà oggettive, fuori dalla sfera sociale e culturale. La cultura è vista come fattore pertinente solo in riferimento alle categorie o all'interpretazione, laddove il corpo, le malattie, le emozioni sono considerati stati psicofisiologici universali e, pertanto, naturali. Al contrario io ritengo che non solo il sapere medico, ma anche le patologie e il corpo stesso sono modellati culturalmente, e non vanno considerati un tipo di realtà oggettivamente data. La comparazione si sviluppa sempre su un piano che è culturale e sociale.

Ciò nonostante il volume di Geller costituisce un importante e indispensabile tassello nella nostra conoscenza sulla costruzione culturale dell'evento-malattia, della disgrazia e della sofferenza nell'antica Mesopotamia.

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