Thursday, March 16, 2017

2017.03.26

Richard Evans, Ancient Syracuse: From Foundation to Fourth Century Collapse. London; New York: Routledge, 2016. Pp. xviii, 241. ISBN 9781472419378. $149.95.

Reviewed by Federicomaria Muccioli, Università di Bologna (federicomar.muccioli@unibo.it)

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Questo volume ha uno scopo decisamente ambizioso: tratteggiare la storia di Siracusa dalla sua fondazione fino a quello che viene definito, in modo immaginifico, il 'Collapse 'del IV secolo a.C., ovvero la fine della tirannide dionisiana e costituisce una sorta di completamento a precedenti lavori dell'autore.1

Nella prefazione Evans lamenta l'assenza dai tempi di Freeman di un'opera esplicitamente dedicata a Siracusa in tutti i suoi aspetti. Il che è in buona misura vero, anche se in realtà, all'elenco fornito a p. XV della 'Preface', va almeno aggiunto il volume di M.P. Loicq-Berger,2 per non parlare della voce, a più mani, Siracusa, nella Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche,3 che certo non si può eludere a cuor leggero.

L'analisi di Evans, di tipo essenzialmente storico-storiografico (ma non mancano frequenti e opportuni riferimenti alla documentazione archeologica e numismatica), si dipana in una narrazione sostanzialmente evenemenziale sulla scorta delle fonti, senza pretesa di esaustività, ed è articolata in alcuni nuclei tematici, nel rispetto comunque dell'ordine cronologico segnato dai sei capitoli del volume.

Nel primo si affronta la questione della veridicità dei racconti di fondazione di Siracusa, con un'approfondita indagine della figura di Archia (nel quadro della fondazione occidentale del periodo). Nel secondo viene affrontata la tirannide dei Dinomenidi, seguendo come traccia il racconto di Diodoro. Oggetto del terzo capitolo, invece, è la crisi del periodo postdinomenide, con riferimento agli anni 466-460. Nel quarto la trattazione riguarda la democrazia e Ducezio (460-427). I due capitoli successivi (quinto e sesto) concernono le due spedizioni ateniesi del 427-424 e del 415-413, mentre gli ultimi due coprono rispettivamente la tirannide di Dionisio I (ma solo nei suoi anni iniziali) e il complesso periodo di Dionisio II e di Dione.

Il libro si chiude con un epilogo, una cronologia di Siracusa e sei appendici.4 Di esse ben quattro (1-3, 6) si limitano ad una peraltro utile traduzione di fonti antiche o poco più, mentre le altre trattano problemi di ordine numismatico-archeologico. Sulla datazione del Demareteion Evans si mostra molto prudente, lasciando aperte entrambe le ipotesi più diffuse: coniazione o in epoca dinomenide, con preferenza per una datazione bassa, ovvero sotto la riacquisita democrazia siracusana; rimarchevole il fatto che nella sua discussione l'autore si confronti criticamente solo con la tesi di Mattingly, a favore di una datazione postdinomenica, laddove le ipotesi della scholarship, e non solo in ambito numismatico, sono molteplici e assai divergenti.

Non entro nel merito delle scelte di Evans, anche se ritengo che il 344 (data attendibile della cacciata di Dionisio II da Siracusa), non sia di per sé un anno significativo o comunque tra i più significativi come cesura storica. Meglio si sarebbe prestato il 289, anno della morte di Agatocle, per non parlare dei personaggi e degli eventi successivi, per capire tutta la parabola siracusana e la costante dialettica tra poteri monocratici e fazione popolare, che si presenta a volte anche carsica (forse più per una carenza o assenza di documentazione nelle fonti letterarie). A ciò si aggiunga che la costante e giusta attenzione riservata dall'autore al ruolo o (talora) mancato ruolo dell'elemento popolare nelle dinamiche politiche siracusane risulta incompleta se si esclude dall'analisi la breve ma intensa stagione timoleontea, in cui la valutazione sulla 'democraticità' del Corinzio va soppesata anche in rapporto alle tendenze democratiche, o demagogiche del periodo precedente (particolarmente dal 357 in poi), secondo le due fonti principali, Diodoro e Plutarco.

Quel che sorprende, e non certo positivamente, ad una lettura attenta del volume, è il carattere fin troppo selettivo della bibliografia dichiaratamente utilizzata da Evans (a cui fa da singolare contrasto la sua entusiastica approvazione dei nuovi canali di acquisizione del materiale librario, in versione cartacea o online, e l'esaltazione dell'utilità dei social media per il progresso delle Humanities: p. 223).

Ora, è pur vero che sugli argomenti affrontati nel volume la bibliografia è sterminata e che il dono della sintesi è sempre apprezzabile, se non commendevole. Tuttavia, a parte pochissimi contributi, è del tutto assente ogni riferimento a testi di studiosi italiani (e in tal modo è omessa tutta una produzione di più scuole, che ha offerto fondamentali lavori su tutti i personaggi e i protagonisti in questione),5 ma anche in altre lingue che non sia l'inglese. Parimenti sorprendente è infatti l'assenza di un testo fondante su Dionisio I quale è quello di K.F. Stroheker6 (mentre, per cinico contrappasso, non si mancherà di notare, ad es., la presenza del romanzo, in traduzione inglese, The Tyrant, di V.M. Manfredi, che, pur nella sua indubbia vivacità narrativa, poco o nulla aggiunge alle nostre conoscenze su Dionisio I e sulla sua età).

Solo di parziale consolazione è il fatto che anche molti testi importanti in lingua inglese vengano ignorati. Bastino due esempi: riguardo al rapporto di Ierone con Pindaro (e in generale al ruolo svolto dal poeta nella costruzione dell'immagine del Dinomenide) non figura uno studio come quello di B. Currie.7 Per l'età di Dionisio II e Dione, ancora più evidente risultano le lacune nella scelta bibliografica. Se proprio non si voleva consultare, per non dire compulsare, tutta una produzione che va dalle monografie di R. von Scheliha e H. Berve per lo meno ai lavori di M. Sordi, inspiegabile risulta l'assenza di un testo come quello di L.J. Sanders, The Legend of Dion (a sua volta preceduto peraltro da una fitta serie di articoli preliminari dello studioso, tutti ignorati nel volume qui recensito).8 D'altro canto, se è legittimo (anche se a mio avviso non condivisibile) ritenere tout court che le lettere del Corpus Platonicum, e in particolare la VII, siano un falso (secondo un rinnovato trend tra gli studiosi),9 è quanto meno azzardato rimandare il lettore, sia pure con la formula cautelativa (attraverso l'uso di for example), solo ad un testo discusso e discutibile quale è L. Edelstein, Plato's Seventh Letter, Leiden 1966 (e oggi pressoché ignorato, almeno nelle indagini di tipo storico-storiografico).10 Il ruolo centrale di Dione all'interno della dynasteia dionisiana, quale viene riconosciuto nel libro, acquista maggior peso proprio se si tiene conto dei suoi rapporti con Platone e con l'Accademia.

Pertanto, il mancato rapporto dialogico con una serie di lavori sicuramente per gli argomenti trattati inficia o per lo meno limita in una certa qual misura la validità scientifica del volume qui recensito. Vi sono comunque, ad onor del vero, diversi spunti interessanti o quanto meno originali, tra i quali ne ricordo qui almeno uno. Nel primo capitolo, nel complesso forse il più stimolante per il lettore, Evans mette a confronto la testimonianza di Tucidide con quella di Strabone e di Diodoro, in particolare per le discrepanze che si possono desumere riguardo alla cronologia e alle vicende di Archia. A suo avviso, Tucidide avrebbe tratto le sue informazioni sulla Sicilia da Antioco, direttamente o attraverso 'an oral intermediary', fonte identificata in Ermocrate se non addirittura in Alcibiade, sulla scorta di P.A. Brunt, Studies in Greek History and Thought, Oxford 1993, pp. 17-46 (= «REG», 65, 1952, pp. 59-96). Invece Strabone avrebbe fatto un uso di Antioco mediato attraverso Posidonio, mentre Diodoro avrebbe attinto a Timeo. Nella sua analisi Evans rivede tutta la cronologia tradizionale in Occidente e critica la datazione canonica del 733 per la fondazione di Siracusa, a favore del VII secolo (680- 675; cfr. pp. 191, 197-200). La datazione alta sarebbe stata creata per nobilitare la fondazione corinzia, anche se tale ipotesi presenta punti deboli nel confronto delle fonti, per cui l'autore è costretto a ritenere che Tucidide stesso, attraverso un'altra fonte o inventando una propria cronologia, abbia alterato il dato storico: il motivo, che lascia invero perplessi, sarebbe dettato dal fatto che, vista la vittoria di Siracusa su Atene, «perhaps he wanted to project as great an antiquity and power to this city as possible» (p. 16). Peraltro si nota come uno degli scopi ricorrenti nel volume sia quello di riconoscere proprio l'influsso di Antioco, come emerge anche a proposito del petalismos (p. 84).

In conclusione, il volume nel complesso si presenta ben curato formalmente e scritto in modo chiaro.11 Uno dei suoi pregi maggiori è la presenza, ben ponderata, di cartine, fotografie e di tavole genealogiche. L'intento, pienamente riuscito, è quello di offrire un pendant visivo ad un pubblico che probabilmente non ha troppa familiarità con i luoghi descritti nel volume, impressione che si ha anche leggendo le didascalie che accompagnano l'apparato fotografico. Anche se non indicato esplicitamente, il libro sarà senz'altro utile a quanti vogliono un primo, rapido approccio con le fonti e con i protagonisti della storia siciliana, in vista di ulteriori approfondimenti.



Notes:


1.   In particolare, Syracuse in Antiquity. History and Topography, Pretoria, 2009.
2.   Syracuse. Histoire culturelle d'une cité, Bruxelles, 1967.
3.   XIX, Pisa-Roma-Napoli 2005, pp. 1-386.
4.   1. Literary Sources for the Earliest History of Syracuse; 2. The Denomenid Rulers in Fifth Century BC Literature; 3. Ancient Literary Sources for the Deinomenid Tyranny; 4. The Dating of the Damareteion Coinage; 5. Extraordinary Trophies: Syracusan Exhibitionism after Victory over the Athenians; 6. The Chief Sources for the Life and Death of Dion.
5.   L'unico lavoro ricordato è F.P. Rizzo, La Repubblica di Siracusa nel momento di Ducezio, Palermo, 1970.
6.   Dionysios I. Gestalt und Geschichte des Tyrannen von Syrakus, Wiesbaden, 1958.
7.   Pindar and the Cult of Heroes, Oxford 2005 (per non citare il più recente K.A. Morgan, Pindar and the Construction of Syracusan Monarchy in the Fifth Century B.C., Oxford, 2015).
8.   Evans cita invece, ripetutamente, L.J. Sanders, Dionysius I of Syracuse and Greek Tyranny, London; New York; Sydney, 1987.
9.   Recentemente, M. Burnyeat & M. Frede, The Pseudo-Platonic Seventh Letter, edited by D. Scott, Oxford 2015.
10.   P. 169, nota 20.
11.   Non manca qualche refuso; ad p. 164, nota 5 (484 > 384; 466 > 366); p. 167, testo (Leptines died in about 483 > Leptines died in about 383).

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