Friday, October 19, 2012

2012.10.41

Lorenzo Miletti, L'arte dell'autoelogio: studio sull'orazione 28 K di Elio Aristide, con testo, traduzione e commento. Testi e studi di cultura classica, 50. Pisa: Edizioni ETS, 2011. Pp. 235. ISBN 9788846729606. €21.00 (pb).

Reviewed by Carla Castelli, Università degli Studi di Milano (Carla.Castelli@unimi.it)

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Il volume curato da Lorenzo Miletti si colloca nel contesto del rinnovato interesse per Elio Aristide catalizzato dal progetto di edizione integrale delle opere del neosofista per la Collection des Unversités de France - Les Belles Lettres, coordinato da Laurent Pernot (Université de Strasbourg). Prima di procedere all'edizione del discorso 28 Keil, περὶ τοῦ παραφθέγματος, Miletti ne ha approfondito gli aspetti storico-letterari e la struttura retorica, corredando il testo greco di una traduzione italiana e di un ampio commento.

In attesa di vedere compiuta anche la seconda fase del lavoro (l'edizione critica), la prima, qui esaminata, offre diversi motivi di interesse. Si tratta del primo contributo monografico1 e della prima traduzione italiana dell'Orazione 28: finora, dopo la traduzione latina cinquecentesca di Canter, erano disponibili solo la versione inglese di Behr (1981) e quella castigliana di Cortés Copete (1997), nell'ambito della traduzione integrale degli scritti del retore. Rispetto a queste ultime, che si limitano a sintetici supporti alla lettura, il lavoro di Miletti offre uno strumento esegetico di ben altra complessità e completezza.

Un buon esempio delle sfide poste dal testo è costituito proprio dal titolo. Il termine greco παράφθεγμα, letteralmente 'aggiunta marginale', 'osservazione incidentale', è da interpretare, secondo Miletti, alla luce di un brano dell' Eutidemo platonico (296b) in cui Socrate è accusato di non rispondere direttamente alle domande ma di procedere per siffatte brevi divagazioni. Nel corso del dialogo, esse si rivelano, in realtà, momenti sostanziali nello sviluppo dialettico del discorso. Nello stesso modo, Aristide difende una sua affermazione estemporanea: a suo stesso dire, a margine della declamazione di un inno ad Atena (forse l'or. 37), egli pronunciò un commento autoelogiativo, che gli venne successivamente rimproverato (cap.1-2). Lo scopo dell'orazione 28 è dimostrare che tale παράφθεγμα è ben lungi dall'essere inessenziale: la pratica dell'autoelogio è, a giudizio del sofista, del tutto lecita, ed è sostenuta da ampi precedenti nei grandi autori d'età classica.

Miletti segue dunque i due filoni d'indagine che il titolo implica. Il primo è costituito dalla περιαυτολογία, la pratica dell'autoelogio, e della considerazione di sé, a cui Aristide si riferisce col termine φρόνημα. Essi sono trattati soprattutto nell'ampia introduzione (pp. 11-57). Qui, l'esame della fortuna di Elio Aristide (dal grande successo nell'antichità e a Bisanzio al successivo oblio, fino al recente successo negli ambienti accademici) e un lungo excursus sulle numerose opere del retore, lasciano quindi spazio all'analisi tematica dell'Orazione 28. La seconda prospettiva di approfondimento è di tipo stilistico e lessicale. Come già il titolo rende evidente, Elio Aristide intreccia con altissima frequenza nell'orazione citazioni esplicite dei grandi modelli attici e coperte evocazioni lessicali e stilistiche: Platone (di cui pure Aristide era propenso a ridimensionare il ruolo come modello retorico, cfr. pp. 54-55) vi compare frequentemente, insieme a Demostene, Isocrate, Tucidide, Senofonte e molti altri.

Le difficoltà della traduzione di un testo stilisticamente complesso, arricchito e talora appesantito dalle allusioni letterarie, sono discusse già alla fine dell'Introduzione (pp. 56-57), ove si rende anche il giusto merito ai pochi che, nei secoli, si sono cimentati nell'impresa, primo fra tutti il Canter. Ma l'inevitabile divario tra testo antico e resa italiana è oggetto soprattutto dell'ampio commento (pp. 146-210) che si occupa prevalentemente di questioni esegetiche, tanto relative al testo in sé, quanto all'enucleazione del vasto campionario di citazioni che lo caratterizzano.

La traduzione italiana è corredata dal testo greco a fronte (pp. 60-143). Quest'ultimo, prima ancora di essere costituito criticamente per la prestigiosa collana parigina, è già in più punti (p. 58) riconsiderato rispetto a quello stabilito da Bruno Keil nel 1898: presumibilmente, dunque, l'esame della tradizione manoscritta è già avanzato, tanto da giustificare la pubblicazione anticipata di traduzione italiana e commento. Le lezioni divergenti da quelle di Keil – precisa Miletti (p. 28) – si ispirano a un criterio conservativo e restituiscono in molti casi il testo offerto dai manoscritti riproponendo anche, in alcuni casi, il testo costituito da Dindorf.

Completano il volume un'ampia bibliografia (pp. 211-225) e l'indispensabile indice dei passi citati, a conclusione di un utile lavoro che, in attesa di vedere il proprio definitivo compimento nell'edizione, ha il merito di guidare l'approccio diretto al testo nella sua complessità (tipicamente aristidea) e di integrare l'Orazione 28 nel complesso degli studi contemporanei sul neosofista.

Indice del volume

Premessa (pp. 9-10)
Introduzione: Elio Aristide e l'orazione 28 Keil (pp. 11-57)
Nota critica (p. 58)
Elio Aristide, Or. 28 Keil, περὶ τοῦ παραφθέγματος, Sull'affermazione in margine. Testo e traduzione (pp. 60-143)
Commento (pp. 146-210)
Bibliografia (pp. 211-225)
Indici (pp. 227-235)


Notes:


1.   L'or. 28 ha suscitato interesse in relazione al tema dell'elogio di sé, cfr. soprattutto Laurent Pernot, "Periautologia. Problèmes et méthodes de l'éloge de soi même dans la tradition éthique et rhétorique gréco-romaine", REG 111 (1998), 101-124.

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