Monday, May 23, 2016

2016.05.33

Alejandro Bancalari Molina, La idea de Europa en el mundo romano. Proyecciones actuales. El saber y la cultura. Santiago de Chile: Editorial Universitaria, 2015. Pp. 148. ISBN 9789561124721. $10.00 (pb).

Reviewed by Federico Russo, Institut für Römisches Recht und Antike Rechtsgeschichte, Universität Wien (federico.russo@univie.ac.at)

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Partendo dalla constatazione delle differenti accezioni, talvolta anche incoerenti e contradditorie, che il concetto come anche il termine di Europa hanno nell'uso corrente, l'A. si propone di tracciare una storia dell'idea di Europa in età antica, in particolare romana, con lo scopo di evidenziare il carattere sfaccettato che ancora oggi caratterizza l'immagine di Europa.

Il volume è di scorrevole lettura, strutturato in brevi capitoli, organizzati sia tematicamente che cronologicamente, corredato da un ricco apparato bibliografico sul tema. Ad un tratto essenzialmente riassuntivo—intrinseco alla natura stessa del libro, che copre un arco cronologico assai ampio, da Esiodo fino alla caduta dell'impero romano, con considerazioni sull'età contemporanea—l'A. alterna importanti e originali osservazioni, che permettono al lettore di meglio inquadrare le fonti antiche analizzate. Si apprezza inoltre la scelta di includere nella trattazione anche l'analisi dell'accezione di Europa nelle fonti cristiane, che illustra una volta in più la duttilità e l'adattabilità del tema in esame.

Nell'introduzione (pp. 15-18: Introducción), l'A., a dimostrazione della complessità del tema scelto, enumera le diverse accezioni dell'idea di Europa nell'uso antico e moderno. Tra queste, le più importanti e ricorrenti nella trattazione sono: 1) Europa come coronimo, termine geografico utilizzato in modo descrittivo e ideologicamente neutro; 2) Europa come teonimo, con riferimento al mito greco del ratto della principessa fenicia Europa per mano di Zeus; 3) Europa in opposizione all'idea di Asia, dove l'uso del termine Europa corrisponde ad una serie di topoi ampiamenti sfruttati nel discorso ideologico greco e romano in diversi periodi; 4) Europa come impero di Roma, dalla vocazione mediterranea, a cui successe, per ovvi motivi storici, un'accezione geograficamente più ampia dell'immagine di Europa, comprendente anche le province settentrionali; 4) Il concetto di Europa al tempo di Carlomagno, in connessione al tema della restitutio imperii; 5) L'Europa al tempo della propaganda napoleonica. Gran parte di questi temi—essenzialmente quelli relativi al mondo antico—trovano puntuale e più o meno dettagliata trattazione nei capitoli successivi.

Il capitolo 1 (pp. 19-26: Estudios historiográficos sobre la idea de Europa) è dedicato ad un breve ma ricco riassunto della letteratura moderna relativa alla tematica in analisi. L'A. traccia una breve storia degli studi nei secoli XX e XXI che hanno trattato il tema di Europa non solo nel mondo antico.

Dopo questa prima sezione propedeutica, inizia l'analisi del problema. Il capitolo 2 (pp. 27-44: El nombre de Europa y la tradición clásica) è dedicato alle attestazioni di Europa nelle fonti greche da Esiodo (la più antica attestazione del termine "Europa") al tempo di Alessandro Magno. La trattazione segue un andamento cronologico e tematico, e si concentra sul termine Europa come realtà mitica, geografica, politica e culturale. L'A. si sofferma inizialmente sulle prime attestazioni del mito di Europa e Zeus, da Esiodo fino alla sua ricezione in ambito romano (Ovidio), e descrive brevemente le diverse varianti che la tradizione ci ha restituito del mito. Lungi dall'essere una breve analisi riassuntiva, questo excursus risulta fondamentale nei capitoli successivi al momento di delineare il contrasto intrinseco al concetto di Europa tra origine orientale e accezione occidentale. Come il mito, anche l'uso del coronimo Europa appare sostanzialmente neutro, se si prescinde da un progressivo e naturale allargamento dello spazio di riferimento. In ambito greco, il concetto di Europa come categoria geografica corrisponde inizialmente alla Grecia, Macedonia e Tracia, in contrapposizione alle isole dell'Egeo e al Peloponneso (p. 31). Ad un'accezione continentale e ristretta di Europa se ne sostituisce una, alla fine del VI secolo, molto più ampia, che arriva a coprire un'area che si estende fino alle stretti di Gibilterra. Tale visione, attribuibile a Ecateo di Mileto, non è però univoca, dato che interpretazioni più ristrette del termine continuano a sopravvivere anche nei secoli successivi.

Un'accezione geograficamente ristretta dell'idea di Europa è alla base di una progressiva identificazione ideologica, dopo che geografica, tra Grecia ed Europa: tale identificazione si opera in particolare in Erodoto e si innesta sulla fondamentale distinzione—ideologica e culturale—tra Asia ed Europa. Le ostilità nate in seno al conflitto greco-persiano avrebbero indotto ad una prima lettura ideologicamente orientata del concetto di Europa, rappresentata dai Greci, in contrasto con quello di Asia, identificata con l'impero persiano (p. 35). L'Ellesponto diventa il discrimine tra la civiltà—che nell'equazione erodotea corrisponde alla Grecia e quindi all'Europa—e la barbarie, cioè l'impero persiano (p. 37; giustamente, però, l'A. mette in guardia da un uso troppo disinvolto del termine "barbaro", che non ebbe nel linguaggio erodoteo quel significato prevalentemente dispregiativo che fonti seriori gli attribuirono). Si produce dunque nel V secolo a. C. un paradigma complesso di immagini e temi che caratterizzano e approfondiscono il solco tra ciò che è civiltà—cioè Grecia, cioè Europa —e la negazione di quella civiltà stessa. Tra i veri temi che compongono questo paradigma, l'A. cita più volte, e giustamente, quello della libertà greca minacciata dalla tirannide persiana, immagine questa ricca di risvolti ideologici e ampiamente riutilizzata, quasi alla stregua di cliché ideologico, nel discorso propagandistico di altre epoche e altri contesti (cf. in particolare il tema "Europa" nella propaganda di Alessandro Magno, pp. 39-41).

La storia del concetto di Europa non è però così regolare e lineare come si vorrebbe. Il capitolo 3 (pp. 45-58: Las diversas connotaciones de le noción de Europa en Roma), dedicato al reimpiego dell'immagine di Europa nel discorso ideologico romano dal tempo delle guerre d'oltremare fino all'età imperiale, mostra infatti come le diverse sfaccettature che avevano caratterizzato il concetto di Europa fino all'esperienza del Macedone vengano riprese e adattate in ambito romano. Per mostrare come il tema Europa non fosse in Roma una categoria meramente geografica, mitica o letteraria, l'A. si riferisce al concetto di "storia intenzionale" (pp. 45-46); già in Grecia, ma ancora di più in Roma, i riferimenti in ambito storiografico al concetto di Europa non saranno (solo) da intendersi come riferimenti geografici, quanto piuttosto tasselli di un più ampio discorso ideologico e propagandistico, al cui interno l'immagine di Europa assumeva un preciso ruolo aggregante ed identitario. Momenti topici come la battaglia di Maratona, o di Salamina, o l'episodio delle Termopili, divengono patrimonio culturale e passato comune non solo dei Greci, ma anche dei Romani (p. 47). Il tema dello scontro tra Asia e Europa, che l'autore mostra essere in uso ancora al tempo di Costantino (p. 50), si accompagna, nell'uso romano, ad un nuovo concetto, tipicamente romano, quello di humanitas (p. 51), che diviene la vera qualità morale che distingue l'Europa dal resto dell'ecumene e la pone su un livello senz'altro superiore (cf. gli esempi riportati, tra cui Strab. 2.18.122). In età augustea, poi, tale immagine si arricchisce di un nuovo tassello: centro morale ed ideologico di questo nuovo ecumene, si ricordi che Roma rappresenta l'ultimo e davvero ecumenico impero universale dopo quello macedonico, è l'Italia, segno che, nonostante le aspirazione ecumeniche di Roma, il centro del suo impero universale permane in occidente e dunque in Europa.

Il capitolo 4 (pp. 59-70: La trilogía Roma – Europa – Mediterráneo: espacios interactuantes) si concentra sull'evoluzione dell'idea di Europa come concetto geopolitico. L'A. pone in risalto come tale evoluzione, che altro non è che un'espansione dello spazio geografico chiamato "Europa", segua di pari passo l'espansione dell'impero romano; in sintesi, ad una prima accezione a vocazione prettamente mediterranea del concetto di Europa (si veda la trattazione dell'immagine di mare nostrum e le sue radici nell'uso greco alle pp. 59-60), se ne sostituisce una più ampia, che, di fatto, comprende le conquiste più recenti di Roma e quindi quei territori che, anche nell'accezione moderna, corrispondono al concetto geopolitico di Europa (pp. 67-70). Nella definizione di orbis romanus come entità geopolitica afferente all'impero di Roma e la sua declinazione in relazione all'immagine di Europa, un ruolo fondamentale fu senza dubbio giocato da Polibio (pp. 64-66): come osservatore diretto delle prime fasi dell'espansione romana in territori extra italici e del relativo e sotteso discorso "europeo" imbastito da Roma per giustificare e legittimare il suo intervento in Grecia contro Macedoni e Seleucidi, egli fu in particolare interessato a seguire e descrivere i nuovi territori inglobati, in forma differente, nell'impero romano. E tuttavia, secondo l'A. (p. 67), egli non tradusse quest'approccio essenzialmente pragmatico e geografico in un riflessione coerente e composta sul concetto di Europa come categoria geopolitica, rimanendo poco più di un contenitore spaziale. In questo ultimo senso, tale affermazione andrà forse sfumata sulla base di un'ulteriore lettura dell'interpretazione polibiana della storia di Roma e soprattutto della sua espansione: dalle Storie polibiane emerge infatti come l'Europa fosse anche qualcosa di più di un'indicazione geografica più o meno vaga, quanto piuttosto assumesse il preciso aspetto di sfera di influenza spettante a Roma, di territorio entro cui cioè Roma era legittimata ad intervenire. In questo senso, allora, si potrà dire che Polibio ebbe un ruolo fondamentale nella codificazione del concetto di Europa in ambito romano non solo da un punto di vista geografico, quanto anche da quello geopolitico [su questo tema cf. da ultimo e con bibliografia precedente F. Russo, summa imperii ad populum romanum pervenit (Vell. I 6, 6). Il concetto di impero universale al tempo delle guerre d'oltremare, PdP 70, 2015, 64-92.].

Il capitolo 5 (pp. 71-83: La relación entre Europa y el mundo romano) aggiunge un ulteriore punto di vista alla trattazione dell'accezione di Europa in ambito romano, come cioè essa era percepita e presentata dagli autori provenienti dalle province, progressivamente incluse nell'impero di Roma. Ancora una volta, e a dispetto delle propagandate affermazioni di impero ecumenico, tali fonti riprendono e declinano variamente l'antinomia Europa vs Asia. Autori come Erodiano o Ammiano Marcellino (pp. 72-73) mostrano di aver una percezione ben netta e distinta delle due parti dell'impero, quella occidentale (o europea), e quella orientale. Come rileva l'A., varie vicende storiche fecero oscillare notevolmente l'accezione, anche geografica, di Europa: se da un lato Diocleziano fondò una nuova provincia, tra Tracia e Macedonia, chiamandola Europa (p. 73), dall'altro, con l'imperatore Giuliano essa tornò ad ancorarsi al settore occidentale, in particolare a Italia, Gallia e Illiria.

I capitoli 6 (pp. 85-102: Comvergencia de la civitas romana a una ciudadanía europea) e 7 (pp. 103-114: El impero romano como modelo per la Unión Europea) trascendono i limiti di un'analisi più propriamente storica e propongono originali paralleli tra l'idea di Europa nel mondo antico e l'idea di Europa nella contemporaneità. L'intento di tali paralleli non è fine a se stesso né speculativo: obiettivo dichiarato dell'A. (p. 86) è fornire una chiave di interpretazione della problematica antica che abbia pratiche ripercussioni e conseguenze sul concetto di Europa, anche dal punto di vista giuridico, moderno. Alla luce di concetti chiave del mondo romano come civitas e la sua concessione, e il topos di Roma communis patria (cioè l'idea che Roma fosse la patria di chiunque vivesse all'interno dei confini dell'impero romano, al di là del suo status giuridico), l'A. propone un modello interpretativo della convivenza tra cittadinanza romana e consapevolezza, già romana, di appartenere ad un comune orizzonte europeo, come parallelo dell'attuale coesistenza, in Europa, tra le cittadinanze locali e la contemporanea appartenenza all'unione europea. Similmente, la progressiva sovrapposizione tra le idee di Romanitas e l'idea di Europa propone un antecedente che potrebbe contribuire a comprendere meglio dinamiche culturali che interessano l'Europa di oggi.

Questo agile volume, dunque, si divide in due parti: ad un'analisi più propriamente storica, che alterna parti più descrittive a parti più propriamente analitiche, segue una più breve sezione finale che permette all'A. di riallacciarsi a quanto premesso nell'introduzione a proposito dell'importanza, anche per l'attualità, di una migliore comprensione delle varie accezioni di Europa nel mondo antico. Chiarezza espositiva (corredata da un contenuto ma esplicativo apparato di immagini), completezza bibliografica, e originalità di molte delle analisi proposte fanno del libro qui recensito un ottimo punto di partenza per chi volesse approfondire una qualunque delle accezioni di Europa nel mondo romano.

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