Friday, July 10, 2009

2009.07.31

Version at BMCR home site
Florence Bourbon (ed.), Hippocrate, Tome XII 1re partie: Nature de la femme. Collection des Universités de France. Paris: Les Belles Lettres, 2008. Pp. cxli, 279. ISBN 9782251005485. €45.00 (pb).
Reviewed by Vito Lorusso, Institut für Griechische und Lateinische Philologie - Universität Hamburg

Lo scritto ippocratico Natura della donna (d'ora in poi Nat. Mul.) ha beneficiato, a partire dalla edizione di E. Littré (Paris 1851),1 di una lunga e intensa attività sia editoriale-esegetica: i lavori di Ermerins (Utrecht 1862),2 Trapp (Hamburg 1967),3 Andò (Milano 2000);4 sia storico-critica: le ricerche di Jouanna (Paris 1974)5 e di Grensemann (Berlin 1975; Stuttgart 1987).6 È in questo nutrito filone di studi che si pone la nuova edizione greco-francese di F. Bourbon (d'ora in poi B.).

Nata da una tesi di dottorato sotto la guida di J. Jouanna, l'edizione di B. si compone di Notice articolata in tre sezioni: Structure, contenu et rédactions parallèles (pp. VIII-LXI), La gynécologie : une spécialité médicale? (pp. LXI-LXXIX), La tradition du texte (pp. LXXIX-CXXXVII); Conspectus siglorum (pp. CXXXVIII-CXLI); testo critico greco con traduzione francese a fronte (pp. 1-96, doppie); Notes complémentaires (pp. 97-218); Liste des ouvrages cités dans la notice et le commentaire (pp. 219-233); Lexique des substances pharmaceutiques (pp. 234-240); Index des noms français de substances botaniques (pp. 241-246); Index verborum (pp. 247-277).

Secondo la teoria prevalente, all'interno del Corpus ippocratico (= CH) Nat. Mul. costituisce insieme al gruppo di trattati ginecologici Malattie delle donne I (= Mul. I), Malattie delle donne II (= Mul. II), Donne sterili (=Steril.), e ai trattati nosologici Malattie II, Malattie III, Affezioni interne, un'opera della scuola di Cnido, o almeno che utilizza materiale cnidio. Gli scritti ginecologici come quelli nosologici, infatti, oltre a presentare redazioni parallele che sembrano derivare in tutto o in parte da un modello comune, mostrano alcune affinità con quello che le testimonianze dirette e indirette ci dicono della medicina cnidia. La parentela tra tutti questi scritti è riconoscibile soprattutto nella struttura dell'esposizione che procede secondo uno schema costante di notizie sulle diverse malattie o varietà di malattie: descrizione dei sintomi, prognosi, terapia.7

In particolare, Nat. Mul. è composto di schede sulle malattie delle donne. Ad esse un compilatore avrebbe successivamente aggiunto un prologo in prima persona (cfr. 1. 1 περὶ δὲ τῆς γυναικείης φύσιος καὶ νοσημάτων τάδε λέγω; 1. 3 ἄρξομαι δὲ διδάσκων ἀπὸ τοῦ ὑγροῦ κατὰφύσιν),8 adattando al nuovo contesto un passo di Mul. II 111 nel quale però non ricorre né la prima persona né quella considerazione sul divino che, in totale disaccordo con l'autore di Male sacro 1. 7 (VI 358, 10 Littré = 6, 11-12 Jouanna), percorre il primo capitolo di Nat. Mul. (cfr. 1. 1; 2), senza poi ritornare nel seguito del discorso. Il trattato consta di due parti, comprendenti rispettivamente i cc. 2-34 e 35-109. Ciascuna di queste due parti è formata da una serie di malattie che si conclude con un lungo elenco di rimedi. La sequenza di tali unità testuali è del tutto asistematica, il che fa di Nat. Mul. una base di dati piuttosto caotica. È comunque un dato di fatto ormai acquisito la distinzione tra una natura femminile e una maschile. Del resto, già l'autore di Mul. I, al capitolo 62 (VIII 126, 14-19 Littré), denuncia quei medici che commettono l'errore di non informarsi con esattezza riguardo alla causa della malattia di una donna, ma di trattare questa alla stregua di quella di un uomo provocando così la morte della donna stessa. Come scrive B. a p. LXXVI, le donne vengono guarite da medici uomini, verosimilmente assistiti da una seconda donna nel compiere manipolazioni piuttosto delicate. Inoltre, una certa inesperienza del medico di fronte alla specificità delle malattie femminili rende necessaria la comunicazione fra il medico e la malata e fra il medico e le altre donne alle quali per pudore la malata si sarebbe rivolta in precedenza (cfr. Mul. I 62 [VIII 126, 12-14 Littré]).

La quasi totalità delle malattie descritte in Nat. Mul. ha una redazione parallela, talvolta anche due, negli altri trattati ginecologici (Mul. I, Mul. II, Steril.). Questo dato di fatto pone il problema del rapporto di questi scritti tra di loro o di una reciproca dipendenza. Dopo Littré il quale ritenne Nat. Mul. un estratto diretto dagli altri tre scritti ginecologici del CH 9, l'orientamento prevalente nella critica (Ermerins, Jurk,10 Ilberg,11 Trapp),12 è stato quello di postulare una fonte comune più antica per tutto il gruppo degli scritti ginecologici.

Nonostante la fonte comune, divergenze di lessico, di stile e, soprattutto, di dottrina scientifica in Mul. I e Mul. II hanno consentito a Grensemann di individuare in questi due trattati tre differenti strati, A (lo strato più antico, in seguito ulteriormente differenziato in A1 e A2), B e C.13 In particolare, per quanto riguarda Nat. Mul., le sue due parti (cc. 2-34 e 35-109), sono scritti indipendenti di due autori diversi: la seconda parte, più antica, corrisponderebbe allo stadio A1 degli altri due scritti ginecologici; la prima, invece, allo stadio A2. Ma l'assoluta indipendenza di Nat. Mul. da Mul. I e Mul. II risulta provata dal fatto che il primo da solo contiene, invero pochi, testi di A assenti negli altri due trattati (i quali a loro volta ne contengono altri mancanti in Nat. Mul.), e a volte più dettagliati dei corrispondenti in Mul. I e Mul. II. Se, dunque, è possibile riconoscere segmenti di testo paralleli negli scritti ginecologici, essi nel complesso hanno subito nella loro trasmissione mutamenti tali che redazioni antiche risultano ora sovrapposte in parti più recenti.

Rispetto ai precedenti contributi sulla storia del testo e la genesi di Nat. Mul. la posizione di B. è, preservando beninteso l'originalità di questo scritto, quella di ricorrere alle redazioni parallele con spirito critico e nella consapevolezza di una aleatorietà dovuta e ai diversi livelli di scrittura e alle particolari vicende di trasmissione dei singoli trattati ginecologici. Ad ogni modo, delle acquisizioni di Grensemann sulla stratigrafia di codesti scritti del CH B. tiene debitamente conto nella costituzione del testo di Nat. Mul. e, ancor prima, nella Notice l'apporto di tali scritti è discusso in apertura (pp. CX-CXXIII) del secondo capitoletto, sulla tradizione indiretta, che insieme agli altri tre, rispettivamente sulla tradizione diretta sulla tradizione a stampa sui criteri editoriali, strutturano la terza sezione della Notice dedicata, come già detto, alla storia del testo. Tuttavia, la mancanza di moderne edizioni, criticamente costituite, per Mul. I, Mul. II, Steril. pone all'editore nel momento in cui se ne serve, alcune difficoltà.14 Ma è certo merito non piccolo di B. aver proceduto, nell'esame di questa tradizione indiretta, a una nuova collazione dei trattati ginecologici sui codici greci più antichi.

La riesplorazione completa della tradizione manoscritta antica di Nat. Mul. (i codici Marc. gr. 269 del sec. X [= M], Vindob. med. gr. 4 del sec. XI [= θ], Vat. gr. 276 del sec. XII [= V]), nonché degli apografi di M -- Paris. gr. 2140 (XIII sec.), Vat. gr. 277 (XIV sec.), Paris. gr. 2142 (XIV sec.) --, usati per recuperare il testo del c. 109. 12-27 caduto in lacuna nell'antigrafo, ha permesso a B. di rettificare gravi inesattezze dello stemma proposto nella precedente edizione di Trapp. Secondo la ricostruzione stemmatica di quest'ultima studiosa, infatti, i tre manoscritti antichi di Nat. Mul., discendenti di un medesimo archetipo, sarebbero mutuamente indipendenti. Questo, come vide già Klaus Alpers, è falso. Al contrario la tradizione antica del testo pur presupponendo un unico archetipo, isola M e V contro θ.15 La recensione dei manoscritti antichi ha, inoltre, condotto B. a uno studio sistematico degli errori di maiuscola determinanti sia nella ricostruzione dell'archetipo sia nella descrizione dei reciproci legami di parentela tra i suoi derivati (pp. LXXXIV-XCIX). Le scelte testuali di B. si fondano generalmente sullo stemma tracciato a p. CXXI in base al quale da una fonte ginecologica comune deriverebbero sia Nat. Mul. i cui portatori di tradizione M, θ e V stanno tra loro così come testé indicato, sia Mul. I e Mul. II per i quali i medesimi codici stanno nello stesso rapporto di parentela. Nonostante tutto, la possibilità di ricorrere allo stemma non è sempre garantita a causa sia di grosse lacune che sfigurano oltre M, come già ricordato, anche θ ai cc. 96-109 e V ai cc. 32. 100-35 (e, a differenza di M, non sono noti apografi di θ e V che possano sanare tali lacune),16 sia di comportamenti piuttosto problematici da parte di M e V all'interno dello stemma. Si registrano, infatti, errori separativi contro il resto della tradizione da parte di V (pp. LXXXIX-XCIII) e di M (pp. XCIII-XCIX). Una spiegazione del comportamento problematico di M l'aveva avanzata V. Schmidt confrontando la versione latina di Nat. Mul. nel Paris. lat. 11219 del sec. IX (= P) con la tradizione greca antica. Da tale confronto è emerso che P, pur assai affine a M così da far postulare un iparchetipo comune, risulta tuttavia indipendente dall'archetipo dei codici greci. Schmidt interpreta questa circostanza ammettendo l'esistenza di "zwei Archetypen" i quali risulterebbero contaminati in M.17

In tutti questi casi B. procede con equilibrio e buon senso. In effetti, all'interno di uno stemma che schiera i codici M e V contro θ, gli accordi in errore di θ e M e di θ e V possono riflettere lo stato fluttuante dell'archetipo. Segnalo qui, per es., il recupero, in base a nuovo ragionamento stemmatico, a p. 3, 6 B. di un δέ apodotico, tràdito unicamente da θ e V, che i precedenti editori avevano omesso in accordo con M.

Esaminerò ora nei dettagli alcuni punti del testo greco per i quali è, a mio avviso, possibile muovere obiezioni alle scelte di B. Prima di procedere va espressamente sottolineato il fatto che il testo greco si segnala all'attenzione del lettore per la mancanza di refusi.18

A p. 7, 3-4 B. stampa: ὁκόταν ὁ χρόνος ἐγγένηται, οὐ θέλουσιν ἐς χώρην ἰέναι, ricavando la lezione χρόνος da Mul. II 144, laddove l'archetipo di Nat. Mul. avrebbe πόνος concordemente tràdito da θ, M e V. Mi chiedo allora se per coerenza con Mul. II non si debba espungere l'articolo ὁ di cui la redazione parallela è priva. Del resto, a 12, 10 B. si legge ὁκόταν δὲχρόνος ἐγγένηται, attestato in tutti e tre i testimoni di tradizione diretta.

A p. 9, 8-9 B. stampa: ἐπὴν δὲ ἡ ὀδύνη παύσηται ἅπαξ, ἐούσης ἐπὶ τὸ ὑγιὲς ἰσχίον. Crea problemi interpungere dopo l'avverbio ἅπαξ e tradurre come fa B., une fois que la malade n'éprouve plus de douleur quand elle se tient sur. . .. Il nesso ἐπὴν. . . ἅπαξ ha, infatti, il significato di una volta che solo quando questo avverbio segue la congiunzione temporale, cfr. nel caso del CH i due esempi, registrati nell'Index Hippocraticus,19 di Loc. Hom. VI 292, 13 Littré (= 48, 4-5 Joly) e Morb. IV VII 594, 20 Littré (= 114, 8 Joly). Proporrei pertanto di interpungere dopo παύσηται e legare così l'avverbio al participio ἐούσης, traducendolo una volta che sia. . .. L'uso di ἅπαξ con il participio, anche in genitivo assoluto, è ampiamente documentato dal lessico LSJ s.v. II; quest'uso tuttavia rimane un hapax nel CH.

Sempre a p. 9, 12 B. dopo ταύτης si potrebbe prendere in considerazione l'ipotesi di integrare τῆς νούσου sulla base del parallelo di 10, 12-13 B.

A p. 17, 16 B. mutua, come si evince dall'apparato ad loc., la lezione ὑπὸ βίης σμικρός unicamente dalla redazione parallela di Mul. II 131. Mi chiedo se non sia meglio informare il lettore già prima nel testo, stampando il restauro tra parentesi uncinate.

A p. 20, 13-14 B.: φάρμακον χρὴ πιπίσκειν καὶ ἄνω τε καὶ κάτω, fa difficoltà il primo καί. In tutti gli altri esempi del trattato al verbo πιπίσκω seguono immediatamente gli avverbi κάτω e ἄνω, cfr. 2. 3; 6. 3; 10. 3; 11. 3; 14. 2 e 3; 20. 2; 38. 2; 39. 2; 41. 2. Né, credo, si possa qui invocare l'uso di καὶ. . . τε nel significato di inoltre.20 Espungerei pertanto il καὶ, prodottosi forse per diplografia dal precedente πιπίσκειν in un esemplare in maiuscola anteriore all'archetipo.

A p. 21, 13 B. stampa καὶ πυριῆν prendendo la congiunzione dalla sola redazione parallela di Mul. I 58. Valga anche in questo caso quanto osservato sopra a proposito di 17, 16.

Il testo critico è corredato di un apparato dei testimoni e dell'apparato critico vero e proprio. Quest'ultimo registra con abbondanza errori di ortografia, errori di iotacismo, presenza o assenza di ν efelcistico, nonché emendamenti e congetture dei precedenti filologi ippocratici. Alcune sviste sono alle pp. 9, 16 (l'apparato critico informa dell'omissione di ἡ da parte dei codici θ e V, ma in realtà ad omettere l'articolo sono θ e M); 50, 13 (l'apparato segnala anche il codice V per la lezione ὑγραῖσι, ma nel testimone vaticano questa parte è caduta in lacuna); 51, 10 (l'apparato non informa dell'espunzione di μή da parte di Cornarius, espunzione accolta da B. a testo; la notizia è riportata solo nella corrispondente nota 6, p. 178, del commentario).

La traduzione francese intende riprodurre il dettato dell'originale. Le note di commento sono sia di tipo filologico sia storico-antiquario. In particolare, le prime espongono, sempre con grande lucidità, i termini dei problemi che di volta in volta il testo greco pone agevolando così la lettura dell'apparato critico e la comprensione delle scelte operate nel testo dall'editore.

In conclusione, la nuova edizione di B. è senz'altro un lavoro utile e pregevole, che offre un contributo significativo alla filologia dei testi ippocratici.



Notes:


1.   Oeuvres complètes d'Hippocrate, par É. Littré, t. VII pp. 310-431, Paris 1851 (rist. anastat. Amsterdam 1962).
2.   Hippocratis et aliorum medicorum veterum reliquiae, ed. F.Z. Ermerins, vol. 2 pp. 825-899, Traiecti ad Rhenum 1862.
3.   H. Trapp, Die hippokratische Schrift De natura muliebri. Ausgabe und textkritischer Kommentar, Diss. phil., Hamburg 1967.
4.   V. Andò, Ippocrate. Natura della donna, Milano 2000.
5.   J. Jouanna, Hippocrate. Pour une archéologie de l'école de Cnide, Paris 1974.
6.   H. Grensemann, Knidische Medizin. Teil I: Die Testimonien zur ältesten knidischen Lehre und Analysen knidischer Schriften im Corpus Hippocraticum, Berlin - New York 1975; Id., Knidische Medizin. Teil II: Versuch einer weiteren Analyse der Schicht A in den pseudohippokratischen Schriften De natura muliebri und De muliebribus I und II, Stuttgart 1987.
7.   Alcuni studiosi però non credono che si possa stabilire, almeno sulla base della documentazione pervenutaci, una sostanziale differenza tra una scuola medica di Cos e una di Cnido. Cfr. J. Kollesch, "Knidos als Zentrum der frühen wissenschaftlichen Medizin im antiken Griechenland", Gesnerus 46 (1989), pp. 11-28; V. Langholf, "Structure and Genesis of Some Hippocratic Treatises", in: H.F.J. Horstmanshoff - M. Stol - C.R. Van Tilburg (edd.), Magic and Rationality in Ancient Near Eastern and Graeco-Roman Medicine, Leiden - Boston 2004, pp. 219-275. Precedentemente una posizione meno chiara, ma improntata sostanzialmente a scetticismo, aveva assunto in merito W.D. Smith, "Galen on Coans versus Cnidians", Bulletin of the History of Medicine, 47 (1973), pp. 569-585.
8.   L'irruzione della prima persona nel capitolo, seriore, di apertura di Nat. Mul. mostra la volontà da parte del compilatore di evidenziare esplicitamente i tagli e la selezione del materiale dalla fonte ginecologica preesistente di cui si dirà infra. Nella seconda parte dell'opera, invece, il compilatore segnala gli snodi della trattazione mediante il riferimento alla scrittura: a 34b. 12; 37. 3; 41. 2; 44. 3; 45. 3; 46. 2; 107. 2 ricorre, infatti, il perfetto γέγραπται. Tale presenza autoriale ricorda quella, ben più pervasiva, nei trattati Malattie IV, Fratture e Articolazioni, per cui cfr. A. Roselli, "Strategie espositive nei trattati ippocratici: presenza autoriale e piano espositivo in Malattie IV e in Fratture e Articolazioni", in M.M. Sassi (ed.), La costruzione del discorso filosofico nell'età dei Presocratici, Pisa 2006, pp. 259-283.
9.   Cfr. Littré, vol. VII p. 310.
10.   J. Jurk, Ramenta hippocratea, Diss. phil., Berlin 1900.
11.   J. Ilberg, Die Ärzteschule von Knidos, Berichte über die Verhandlungen der Sächsischen Akademie der Wissenschaften zu Leipzig, phil.-hist. Klasse 76/3 (1924), Leipzig 1925.
12.   Trapp, tuttavia, considera fonte diretta di Nat. Mul. un antecedente degli scritti Mul. I e Mul. II a motivo delle divergenze tra le parti di testo comparabili tra i tre, cfr. Trapp, pp. 24-56.
13.   Cfr. Grensemann 1975, pp. 82-142.
14.   Degli scritti ginecologici si dispone tuttora solo parzialmente di un'edizione critica nei lavori di Grensemann nonché in N. Countouris, Hippokratische Gynäkologie. Die gynäkologischen Texte des Autors B nach den pseudohippokratischen Schriften De muliebribus I und II, Diss., Hamburg 1985.
15.   K. Alpers, "Apollonios von Kition und die Hippokratesüberlieferung", Medizinhistorisches Journal 4/1 (1969), pp. 69-72: 71-72. Alla medesima conclusione è giunto, indipendentemente, anche J. Jouanna (cfr. Archéologie, p. 168 n. 4), per il quale modello comune di M e V fu un codice in maiuscola e la separazione dei due rami tradizionali, M e V appunto, si è dovuta produrre anteriormente all'epoca della translitterazione.
16.   Da θ non pare discendere alcun manoscritto superstite, mentre gli apografi di V, Paris. gr. 2146 del sec. XV, Vat. Pal. gr. 192 del sec. XV e Bodl. Holkam. gr. 92 del sec. XVI, riproducono la medesima lacuna del loro antigrafo.
17.   Cfr. l'edizione tedesca (nella traduzione di D. Irmer) di S. Timpanaro, Die Entstehung der Lachmannschen Methode, Hamburg 1971, p. 59 n. 173.
18.   Va tuttavia notato che in due casi (p. 8, 18; 16, 4) B. adotta per il verbo ἀποθνῄσκω la medesima grafia delle edizioni precedenti, senza cioè iota sottoscritto. Tale scelta avrebbe, forse, meritato qualche parola di chiarimento nel commentario per comodità del lettore.
19.   Cfr. J.-H. Kühn - U. Fleischer - K. Alpers - A. Anastassiou - D. Irmer - V. Schmidt, Index Hippocraticus, Göttingen 1989, s.v. II.
20.   Cfr. J.D. Denniston, The Greek Particles, Oxford 1954, s.v. τε III. 1, pp. 535-536.

No comments:

Post a Comment

Note: Only a member of this blog may post a comment.