Tuesday, February 17, 2009

2009.02.27

Dobrinka Chiekova, Cultes et vie religieuse des cites grecques du Pont gauche (VIIe- Ier siecles avant J.-C.). Europäische Hochschulschriften. Reihe XXXVIII, Archäologie, v. 76. Bern: Peter Lang, 2008. Pp. xv, 325. ISBN 9783039114481. $84.95 (pb).
Reviewed by Federica Cordano, Università di Milano (federica.cordano@unimi.it)

L'autrice offre agli studiosi una panoramica attenta e vasta dei culti e della storia delle città greche del Ponto 'europeo' con la pubblicazione della sua tesi di dottorato, discussa a Neuchätel nel 2002, e condotta sotto la preziosa guida di D. Knoepfler e A. Avram.

Le città interessate alla ricerca sono colonie milesie, quindi ioniche, e megaresi, quindi doriche, stabilite sulle coste delle attuali Bulgaria e Romania tra il VII ed il VI sec.a.C.: naturalmente le testimonianze dei culti greci in territorio non greco pongono sempre le questioni del rapporto con la madrepatria, con i culti indigeni e, in questo caso, fra colonie greche di diversa tradizione. La schedatura è organizzata per divinità, ma alla fine c'è un 'annexe' riassuntivo di tutte le divinità presenti nelle città disposte in ordine geografico, ordine che si può anche apprezzare in una bella cartina. Le testimonianze raccolte vanno dall'epoca della fondazione a quella tardo imperiale, cioè più in basso di quanto prometta il titolo.

Le divinità meglio rappresentate sono certamente Apollo e Dioniso; Apollo è il dio poliade sia a Megara che a Mileto, anche se con epiteti diversi, che distinguono fortemente le due tradizioni, per esempio nelle colonie milesie (Istros, Olbia, Apollonia) egli è onorato come Ietros, Delphinios e Pholeuterios (questo è un hapax), mentre nelle colonie megaresi (Callatis e Mesambria) si trova Apollo Pytios e Agyeus.

Dioniso compare spesso sulle monete delle colonie milesie; ad Istros c'è una associazione di Dionysitai, e nella stessa Istros, colonia milesia, egli è onorato con un epiteto collegato con la fertilità, Karpophoros, che richiama l' Eukarpos, con il quale è venerato a Mesambria, colonia di tradizione megarese. La religione dionisiaca si esprime qui in prevalenza con un culto bacchico, espresso dall'epiclesi divina Bassareus, che deriva dalla parola bassara, significante pelle di volpe, quella con la quale si vestivano le baccanti. Da Callatis, colonia di Eraclea Pontica, quindi città di tradizione megarese, conosciamo un decreto della fine del III sec.a.C. per la costruzione di un nuovo tempio di Dioniso, che usa le stesse formule dei decreti cittadini, nel quale tre membri vengono eletti fra tutti i tiasoti per gestire i fondi e renderne conto per iscritto. Alcuni degli attribuiti dionisiaci di Callatis sono testimoniati da Pausania (I 43,5) per Megara. Non conosciamo le cerimonie che svolgevano i tiasi dionisiaci di Callatis, ma l'assimilazione con le iniziazione dei re traci, avanzata da più parti, è respinta dalla Chiekova, la quale si limita ad ammettere le somiglianze nelle strutture architettoniche utilizzate dagli uni e dagli altri. L' autrice dimostra qui una profonda e attenta preparazione storico-religiosa, soprattutto di scuola francese, senza abbandonare gli insegnamenti di A. Fol, al quale si riferisce per le origini del culto di Dioniso, riconosciuto come parte del patrimonio coloniale, pur ammetendo le componenti tracie, frigie e lidie; e di A. Avram, che assegna all'epoca di Alessandro Magno la rifondazione di Dionysopolis, dove ovviamente Dioniso è considerato ktistés. Poi a Bizone si trova un'importante iscrizione del I-II sec.d.C. con dei sacerdoti che si chiamano Tauroi, quasi tutti della stessa famiglia, attribuiti a Dioniso, ma anche a Poseidone.

Il culto di Demetra e Kore è certamente più radicato nelle colonie megaresi, anche se per Apollonia, la Chiekova può giustamente appellarsi ad una iscrizione (IGB I2, 398) con menzione del mégaron di Ge / Chthoníe. Anche a Callatis si conosce una Demetra Chthonía; e la Malophoros di Anchialo risale certamente all'occupazione mesembriana di quel villaggio, fondato da Apollonia, perché l'epiteto è esclusivamente megarese (è molto nota quella di Selinunte). Di Mesambria è pure l'interessante stele funebre di una sacerdotessa delle Thesmophoroi (IGB V, 5095, datata tra IV e III sec.a.C.) alla quale si riconoscono dei misteriosi meriti nei riguardi "dei suoi mariti"; l'autrice, come G. Mihailov, esita ad accettare il collegamento con la hierogamia, che era la spiegazione di V. Velkov, ma non mi pare ce ne siano altre, salvo riconsiderare la traduzione della parola andrai!

La maggior parte delle testimonianze per il culto di Demetra viene dalla numismatica, ma in questo caso--anche se non è il solo--io sarei più prudente nel leggere sempre gli emblemi monetali come testimonianze di culto: infatti i tipi demetriaci indicano in prima battuta la produzione di cereali, che è il messaggio più importante per le città del Ponto, e poi il culto della divinità ad essa collegata, che di conseguenza diventa la più nota: è un tema che richiederebbe considerazioni che qui sarebbero fuori luogo.

La Chiekova non condivide in pieno le considerazioni di M. I. Rostovtzeff sulla identità di Demetra con la 'Grande Madre', ma le utilizza per passare a Cibele, che è un'altra 'Grande Madre', venerata soprattutto nelle colonie milesie. Le testimonianze sono in gran parte figurate e l'autrice ne fornisce qui una buona lista, che ha il solo scopo di evitare ripetizioni nel testo; l'iconografia è molto nota, ed è stata studiata in particolare da G. Bordenache e da M. Alexandrescu-Vianu, alle quali qui si fa continuo e giusto riferimento. Dal momento che il culto di Cibele ha avuto una grande diffusione in età romana, mi sembra utile ribadire l'importanza delle immagini rinvenute ad Istros ed Apollonia, databili al VI e V sec. a.C. Nelle colonie megaresi il culto di Cibele è testimoniato, per ora, solo da età ellenistico-romana; naturalmente l'associazione della dea con il Cavaliere Tracio, sul quale si tornerà, è caratteristica esclusivamente regionale.

Anche i Dioscuri sono associati con la 'Madre degli Dei' in un decreto di Tomis del II sec. a.C., con il quale si istituiscono appunto i sacrifici in onore degli uni e dell'altra. Nei secoli II e III d.C. i Dioscuri sono diventati 'fondatori' della città. A. Avram spiega questa novità con la rifondazione di Tomis da parte di Istros nella seconda metà del III sec.a.C. Fra le altre attestazioni, mi pare importante ricordare il collegio dei "Venti" di Mesambria che presiede al culto dei divini gemelli, Mihailov ricordava per confronto i "Sette" di Olbia; dal momento che le associazioni sono tante, io cercherei piuttosto un collegamento fra il numero e l'organizzazione ipotizzabile per la città in quell'epoca (III sec.a.C.).

Zeus ed Hera avevano certamente il loro ruolo nel pantheon di queste città, ma le testimonianze sono scarse e gli epiteti di Zeus, Polieus, Patroios, Olympios, Hypsistos, Soter, Hyperdexios, sono collegabili con culti praticati in molte città greche e rintracciabili anche come epiteti di Athena, per esempio a Callatis, ma pure nelle colonie milesie.

Il culto di Artemide è invece fra i più diffusi; in questo caso Chiekova giustamente utilizza anche lo strumento della 'teonimia', dato che i nomi personali collegabili con la dea sono diffusissimi nell'area (in fondo al volume c'è un 'annexe' con la statistica dei nomi di questo tipo nelle città studiate).

A Istros è presente tutta la 'sacra famiglia' milesia, cioè Zeus, Apollo, Artemide e Letò. Un mese del calendario delle colonie milesie è dedicato ad Artemide (anche per i mesi c'è un 'annexe' in fondo al volume); e lo stesso si può constatare per le colonie megaresi, anche se sono scarse le attestazioni.

Collegati fra di loro e con quello di Artemide, anche se in maniera confusa, sono i culti per Hecate e per la Phosphoros; quest'ultima ha grande rilievo a Bisanzio. A tale proposito bisogna dire che sono troppo pochi i riferimenti alla città del Bosforo, che è invece un punto chiave tra Egeo e Mar Nero. Per esempio a proposito di Poseidone, poco testimoniato nelle città oggetto dell'indagine, anche se noto come Elikonios e Asphaleios, sarebbe stato utile evocare il suo ruolo di fondatore di Bisanzio accanto ad Apollo.

Hecate ha un ruolo rilevante a Mesambria: infatti è rappresentata in uno dei famosi rilievi degli strateghi (su un altro c'è Athena Soteira e su un altro ancora l'eroe Sosipolis, non sarebbe stato male trovare dei rinvii interni a questi importanti monumenti) e sulla stele funebre di Julia, una devota che si identifica con la dea, monumento di grande interesse anche perché vi si legge la famosa etimologia del nome della città, che sarebbe composto dal parola tracia bria, che significa città, e dal nome dell'eroe fondatore Melsas o Mena (l'argomento è affrontato dalla Ciekova, che ritiene il culto di età classica, nel capitolo dedicato a quel tipo di eroe).

Altre divinità sovrapponibili sono il Theos Megas e gli Dei di Samotracia: ad Odessos il Samotrakion serviva come deposito per gli archivi lapidari, ad Istros, importanti decreti del III sec.a.C. si riferiscono a sacerdoti di quelli. Giustamente Chiekova respinge, seguendo B. Hemberg, l'idenficazione con i Cabiri.

Il migliore, anche se enigmatico, rappresentante della religione privata è però il Cavaliere Tracio, l'Eroe per eccellenza di questa parte del mondo, particolarmente popolare in età romana; l'iconografia è molto nota e soprattutto legata alla caccia, con un simbolismo che ha fatto pensare ai re-sacerdoti e al passo di Erodoto (IV 93) sulla credenza dell'immortalità presso i Geti; non a caso le più antiche raffigurazioni del Cavaliere Tracio sono sugli anelli reali. A. Fol ne cercava l'origine in quello che lui chiamava "l'orfismo tracio", e la Chiekova fa bene a riprendere questa ipotesi, non solo perché la trova convincente, ma anche perché poco diffusa. I vari epiteti che gli sono attribuiti ne richiamano sempre l'attività protettrice, a Callatis egli è anche detto ktistés (ISM III 93); non a caso è così ben assimilato ad Apollo da essere persino rappresentato con la lira.

Anche se non sono numerose le testimonianze, il culto di Afrodite era di antica tradizione nelle colonie milesie, in coerenza con la madrepatria; ad esempio ad Istros aveva un tempio dal VI sec.a.C. ed in quelle megaresi una funzione civica perché sappiamo da Senofonte (Hell. V 4,58) che Agesilao, recandosi a Mesambria nel 378/7 a.C., incontra i magistrati proprio nel tempio di Afrodite.

Accanto al pantheon greco e alle contaminazioni locali, le città greche del Ponto Sinistro hanno accolto le principali divinità egiziane: a Mesambria, a partire dall'età ellenistica, c'è un santuario di Serapide con adepti; a Callatis, dove Serapide compare sulle monete di età imperiale, è chiaro che l'immagine si sovrappone a quella del Theos Megas; ma la testimonianza più interessante è un decreto di Istros del III sec.a.C. con il quale si inviava a Calcedone una delegazione per consultare l'oracolo di Apollo a proposito dell'introduzione di tale culto straniero in città, e dal momento che non si trovano testimonianze di questa pratica se ne è concluso (M.Tacheva-Hitova) che gli Istriani ci avevano rinunciato.

Ricordo che nel volume sono attentamente raccolte anche le testimonianze di culto per le divinità minori, come le Ninfe, le Muse, gli eroi eponimi, che ho in parte già richiamato, e le personificazioni come Demos, Homonoia e Agathos daimon. Oltre agli 'annexes' già ricordati con i teonimi e i calendari, il libro si chiude con una ricca ed utilissima bibliografia ed un altrettanto efficace indice.

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