Friday, February 13, 2009

2009.02.21

Marco Traverso, Esercito romano e società italica in età imperiale. Serta antiqua et mediaevalia; 10. Roma: Giorgio Bretschneider, 2006. Pp. viii, 325. ISBN 8876892125. €100.00 (pb).
Reviewed by Maurizio Buora, Museo archeologico - Civici Musei, Udine (Italia) (maurizio.buora@comune.udine.it)

Il volume si inserisce in un ricco filone di studi sul mondo militare romano sviluppato dall'Università di Genova. È singolare recensire l'unico volume pubblicato, di una serie prevista di due: esso presenta una scelta commentata ("mirata" secondo l'A. a p. VIII, ma non si dice con quali criteri) di testi epigrafici. Risulta perciò privo di una adeguata discussione e di quell'approfondimento che in genere giustifica l'esistenza di raccolte del genere. Il breve testo introduttivo (pp. 1-17) e quello conclusivo (pp. 255-267) certo non rendono ragione del lavoro di analisi che deve essere stato fatto dall'autore e che presumibilmente dovrebbe essere compreso nel secondo volume.

Dal titolo pare che l'A. si proponga di esaminare i rapporti tra due realtà separate ovvero esercito romano e società italica. Di fatto è più corretta la dicitura della seconda parte del volume, che si intitola "prosopografia dei militari". La rassegna presenta carriere di persone che "durante i primi tre secoli dell'impero" (p. VII) dall'esercito entrarono nell'amministrazione civile oppure da quella passarono nei ranghi dell'esercito completato il cursus municipale, quindi in genere dopo i trentacinque anni di età. Si osserva che da un lato i notabili locali, "dopo aver partecipato attivamente alla vita pubblica nella propria municipalità, ottenevano il tribunato militare" e dall'altro che i militari di carriera che raggiungevano il tribunato e con esso l'ordine equestre potevano inserirsi nella realtà cittadina "dove si sarebbero integrati nell'aristocrazia municipale mediante l'assunzione degli honores locali" (p. 8).

Dalle varie regiones sono considerati secondo l'ordine prosopografico 445 casi, di cui alcuni anonimi [per cui l'A. indica a p. 255 un totale di 406 persone]: alcuni personaggi compaiono in più epigrafi, che ammontano a più di 500 unità. La scelta riguarda i testi, - specialmente inclusi in precedenti raccolte anche se oggi perduti - e non il loro supporto. Però un testo succinto può comparire in un monumento imponente per dimensioni e qualità, come la grande ara di Publius Verginius Paetus di Sarsina (non considerata nell'opera), larga 12 piedi, con i simboli delle cariche civili e militari rivestite, per ostentazione ma anche per esprimere l'uguale pertinenza alla virtus del defunto del suo cursus civile e militare.

Le varie regiones hanno una serie di attestazioni di numero ben differente: si va dai sei personaggi della terza ai 105 della prima. Più rappresentate sono la prima, la sesta, la decima e la quarta. Non è considerata la città di Roma per il suo carattere particolare (p. 16). Per ogni regio le iscrizioni provengono per lo più da municipi -- ma anche da agri (Falernus, Mediolanensis) o da località moderne, da pagi etc. - elencati generalmente in ordine alfabetico (a p. 90 Venusia precede Tarentum, posto a p. 91), per un totale di 184 città e/o aree di provenienza. Una buona parte delle località sono rappresentate solo con un'iscrizione, mentre Aquileia ne ha 15, Ostia 10, Verona 9, Pompei, Beneventum e Interamna 8, Auximum 7.

La ricca documentazione riguarda specialmente gli ufficiali superiori e gli strati alti della popolazione, per i quali il servizio militare appare funzionale e intercambiabile con la carriera politica, a livello municipale, ma sono presenti anche i così detti soldati di carriera, i sottufficiali e i veterani.

Circa il 10 % dei testi qui presentati non hanno datazione o ne hanno una troppo ampia per essere utilizzabile. Poco meno di 200, ovvero circa il 36 % si datano nel periodo da Augusto a Claudio e appena 27, ovvero poco più del 5 % vanno dalla fine del II alla metà del III sec. d. C. I criteri di datazione sono i consueti e non sempre del tutto affidabili: mancata indicazione del cognomen, omissione del nome delle legioni o delle coorti, salvo l'espressa menzione di imperatori, vicende delle unità menzionate.

Più che la presenza del "ceto" militare, come vorrebbe l'A. (p. VII), si evidenzia l'articolazione delle carriere e la loro evoluzione nel tempo. Numerosi i punti degni di interesse, come i soldati in servizio attivo e contemporaneamente rivestiti di cariche municipali (il pretoriano M. Vibius Tertius edile a Lucca in VII, 9 e il centurione C. Oppius Bassus forse pretore ad Auximum in V, 7), la menzione di un primumpilus (sic) ter in X, 44. A p. 10 si nota che militari in servizio ricoprirono contemporaneamente cariche pubbliche civili in provincia, il che non appare strano in una situazione di creazione o di stabilizzazione di un nuovo ordinamento politico. Altri furono inclusi durante il servizio militare nell'ordo decurionum, come C. Iulius Alexander ad Antiochia e a Mallos (I, 51) durante il regno di Gordiano III al tempo in cui si preparava la spedizione in Oriente [cfr. F. Nasti, "Il prefetto del pretorio di CIL VI 1638 (= D. 1331) e la sua carriera", ZPE 117, 1997, 281-90, part. 284].

Nella prima premessa si trattano più temi interessanti, dalla diversa modalità nelle diverse aree dell'impero di accesso all'ordine equestre al rapporto tra Augusto e l'educazione giovanile (p. 5). L'A. sottolinea l'appartenenza dei veterani a "una comunità nella comunità" (p. 11) talvolta anche in antitesi con la comunità civile. L'argomento meriterebbe un'ampia trattazione a sé, ad es. con riferimento ai collegia veteranorum oppure all'intento di stabilire un rapporto con i concittadini che spesso sono coinvolti per disposizione testamentaria in elargizioni: così vediamo un pretoriano distribuire a Ercolano quattromila sesterzi ai municipes in occasione dell'erezione di una statua a Claudio ( I, 41); a Lavinio Servilius Diodorus lascia nel 227 ventimila sesterzi al collegio dei dendrofori per l'elargizione annuale della sportula e l'apprestamento di un banchetto ai suoi concittadini. Spicca il carattere "democratico" di tali elargizioni rispetto alle rigide norme di distinzione per ordines espresse da altre iscrizioni, come ad esempio quelle degli Augustali misenati.

Negli stretti limiti che l'A. si è riservato per i commenti si toccano temi per i quali l'enorme letteratura è solo accennata. Valga per tutti il riferimento agli ingenui et veterani corporati, analizzato da moltissimi autori da Max Weber fino a John D'Arms ["Memory, Money, and Status at Misenum: Three New Inscriptions from the Collegium of the Augustales", JRS 90, 2000, 126-144].

Ovviamente ognuno potrebbe aggiungere qualche titolo alla bibliografia, ma il panorama, con 345 titoli, è più che adeguato. In qualche caso il pc non ha rispettato l'ordine alfabetico degli autori (es. Grosso 1959, Ijsewin, Panciera 1960). Il Sartori del 1952 (iscrizioni romane di Padova) non è Antonio bensì Franco, di una generazione anteriore. Molti dei personaggi considerati sono molto noti, ma l'A. sembra attenersi esclusivamente alla citazione dei maggiori repertori, salvo articoli specifici. Dal saggio di J. Nollé- M.Roxan, "Militärdiplom für einen in Britannien entlassenen 'Daker'", ZPE 117, 1997, 269-276 (non citato) apprendiamo che Caius Hedius Verus ( VI, 13), che nell'estate del 127 era prefetto della II cohors Lingonum in Britannia , era originario di Pitinum Mergens; perciò l'iscrizione onorifica apposta alla base della sua statua andrà datata al più presto alla fine del regno di Adriano o nei primi anni di Antonino Pio. Forse la provenienza da un'area ristretta (Pitinum Mergens a una dozzina di miglia da Forum Sempronii) di un altro personaggio che in quel tempo fu prefetto della cohors III Lingonum in Britannia -- quel C. Sagurus Priscus (VI, 41) che poi divenne senatore -- potrebbe indicare una qualche forma di cooptazione?

Segnaliamo alcune integrazioni. Per M(arcus) Lucretius Decidianus Rufus, citato in tre testi di Pompei, manca CIL X, 851 = ILS 6363d, così per L(ucius) Betutius Furianus si citano le tre attestazioni riportate nel CIL (perierunt), ma non l'epigrafe rinvenuta nell'anfiteatro di Ariminum; per P(ublius) Palpellius Clodius Quirinalis si sarebbe dovuto ricordare anche SI 474 = Inscr.It X, 4, 397 (da Iesolo). Forse sarebbe stato interessante accostare al Plancus curator veteranorum della IV legione Macedonica un altro curator veteranorum della medesima legione, decurione a Luceria [E.Todisco, I veterani in Italia in età imperiale, Bari 1999, 31, 54, 100].

Studi recenti modificano qualche datazione: ad es. l'iscrizione di C(aius) Gavilius Gavianus non va posta nel II sec. d. C., come fa, dubitativamente, l'A. a p. 215, ma alla prima metà del I sec. d. C., secondo Supplementum Italicum, 12, Industria, n. 6.

In un tema così complesso i (pochi) errori di stampa sono del tutto veniali, ma a p. 146 nella trascrizione di CIL V 698 sono state omesse tre righe. Importanti indici (dei nomi di persona, di luogo, dell'organizzazione statale, delle fonti antiche, pp. 299-325) completano il volume che ha una sua indubbia utilità come raccolta di materiale e per un primo inquadramento.

Dall'ampia casistica presentata è lecito attendersi nuove indagini e approfondimenti e in questo senso il valore dell'opera è positivo. Attendiamo l'uscita del secondo volume per un giudizio definitivo e per valutare il suo effettivo contributo al progresso degli studi in questo campo.

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