Sunday, January 20, 2019

2019.01.37

Richard Warren, Art Nouveau and the Classical Tradition. Imagines – Classical receptions in the visual and performing arts. London; Oxford; New York: Bloomsbury Academic, 2017. Pp. 232. ISBN 9781474298551. $114.00.

Reviewed by Raffaele de Berti, Università degli Studi di Milano (raffaele.deberti@unimi.it)

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Lo scopo di Richard Warren è evidenziare, all'interno delle molte fonti di ispirazione dell'Art Nouveau (i cui limiti cronologici convenzionali si collocano tra il 1890 e il 1910), l'importanza del classico, sia nelle forme, sia nei contenuti; e contemporaneamente proporre all'attenzione la produzione dell'Europa nord-orientale, che egli ritiene ingiustamente sottovalutata. Il volume è organizzato in "Introduction"—che definisce in somma sintesi la geografia del movimento artistico.e le sue principali influenze stilistiche, e illustra brevemente la nozione di "classical reception theory"—e in sette capitoli, ognuno dei quali tratta un motivo caratterizzante l'Art Nouveau. Il libro è illustrato da 36 immagini in bianco e nero, a fronte dell'ampio numero di opere figurative richiamate e discusse nel testo. La soluzione adottata dall'editore è di rimandare (in calce all'elenco delle illustrazioni, p. ix), a immagini online, i cui link sono forniti sulla pagina dedicata al volume sul sito dell'editore stesso (media.bloomsbury.com). Purtroppo, già nell'elenco 14 immagini risultano non disponibili online e altre si sono rese tali nel frattempo. Le note non aiutano, perché delle opere vi si danno solo autore e titolo, anno di esecuzione, tecnica, misure e collocazione museale, mancando qualsiasi riferimento bibliografico (che il lettore, eventualmente, può cercare di indovinare tra i titoli elencati nelle 6 pagine di "Select Bibliography").

Il tema del primo capitolo, "Re-birth", è l'istanza, da parte di una corrente (transnazionale) dell'Art Nouveau, di ri-vivificare l'Età dell'oro, uno stato primigenio in cui arte, natura e vita erano tutt'uno. La ri-nascita di questa Arcadia si configura come una fuga non solo dall'Accademia, che aveva del tutto svuotato il mito classico, ma anche dalla fredda archeologia moderna. La visione dell'antica Grecia come una perenne estate mediterranea si adatta a una nazione giovane come gli Stati Uniti, mentre i Secessionisti di Monaco e soprattutto di Vienna sono più profondamente immersi nel mito greco e nel simbolismo artistico. Emblematico sia della volontà di emancipazione dal vuoto classicismo accademico, sia del ritorno alle origini e alla vitalità dell'arte è il Palazzo della Secessione di Olbrich, che Warren legge come la scomposizione di un tempio greco. Un altro carattere della tensione alla ri-nascita viene individuato nell'anelito alla conoscenza e all'interesse per le nuove tecnologie o, come nel caso di Tiffany, per la ri-vivificazione delle antiche tecniche del vetro, che portano a importanti manifestazioni di arte applicata. Il concetto di "Gesamtkunstwerk", che Warren ritiene contemporaneo all'Art Nouveau e sua componente fondamentale, resta solo accennato.

Il secondo capitolo, "Muse", riprende il tema del rifiuto dell'arte "ufficiale" da parte degli artisti dell'Art Nouveau, che da un lato li porta a considerare arte solo ciò che ha a che fare con la vita quotidiana (e quindi alla valorizzazione delle arti applicate); e dall'altro a rispondere al quesito che cosa sia l'arte. Nello sforzo di tale teorizzazione, molti si rivolgono al concetto classico delle Muse, che, incarnate in modo molto vario, spesso con i tratti della compagna dell'artista, si presentano come affermazione di un ideale universale dell'arte. La rappresentazione delle Muse in quanto tali, tuttavia, viene accantonata da Warren per sottolineare come tra le varie forme artistiche quella che maggiormente influenzò l'Art Nouveau fu la musica, spingendo alcuni artisti a tentare forme sinestetiche tra visivo e uditivo, lasciando spazio all'analisi di una serie di opere aventi per soggetto la musica, dalla quale scaturisce la considerazione dell'effetto di sempiterna giovinezza del tragico, inteso come unione di musica e canto, grazie all'elemento dionisiaco. Quest'ultimo, in quanto accettazione liberatoria di tutti gli aspetti della natura umana come forma d'arte, appare come uno dei temi prediletti dagli artisti dell'Art Nouveau, e tinge di nuovi significati l'affascinante figura di Orfeo. Annotata l'importanza dell'influsso di Wagner e, nuovamente, della "Gesamtkunstwerk", Warren identifica come il più complesso tentativo di rappresentare le sensazioni ispirate dalla musica nelle arti visive il "Fregio di Beethoven" di Klimt, il cui messaggio ultimo è il trionfo dell'umanità sulle avversità grazie alle arti. Ma anche il dramma, soprattutto la tragedia greca, influenza gli artisti. Si può dunque concordare sul fatto che la forza dell'arte classica sia il risultato della combinazione di tragico, eroico ed erotico, quest'ultimo un elemento particolarmente vitale dell'arte antica.

All'elemento eroico in dettaglio è dedicato il terzo capitolo, "Hero". Gli eroi e le eroine degli artisti dell'Art Nouveau, scelti per gli ideali che rappresentano o perché si adattano a simboleggiare la produzione artistica, si caratterizzano in primo luogo per la loro giovinezza. Warren sottolinea come lo stile stesso prenda nelle varie lingue nomi che evocano la giovinezza, la novità, la modernità; e, all'inverso, la giovinezza classica è simbolo dell'Art Nouveau, in quanto forza eroica che rappresenta un'arte rinnovata. Non a caso i suoi eroi devono lottare con mostri che adombrano l'arte accademica. Nel mito classico, varie sono le figure adatte ad assumere tale funzione simbolica. Due sono in realtà dee: da una parte Diana, evocatrice di dinamismo e di natura incontaminata; dall'altra Atena, dea della sapienza e del valore, raffigurata come giovane guerriera. Tra gli eroi che suscitano l'interesse degli artisti sono naturalmente Ercole, soprattutto come atletico vincitore di mostri; Teseo, scelto per il manifesto della prima mostra delle Secessione viennese, che si presta come trasparente metafora della lotta artistica in un uso provocatorio del classico vs il classicismo accademico; Perseo; e ancora una fanciulla, Atalanta, forte ma delicata, per nulla evocatrice della sfera erotica. Infine, molto piace la figura di Prometeo, che con il dono del fuoco, a prezzo di atroci sofferenze personali, libera l'umanità dall'oscurità dell'ignoranza, prefigurando quella modernità alla quale l'Art Nouveau aderisce, nella convinzione che la tecnologia sarebbe stata un beneficio per l'umanità.

Il titolo del quarto capitolo, "Bloom", si riferisce all'idea di bellezza come sintesi di giovinezza e vitalismo, per la quale la metafora floreale è adatta in virtù della frequente associazione tra bellezza e natura, alla quale ultima la figura umana è del tutto subordinata. Il tema donna e fiore, ampiamente sfruttato dall'Art Nouveau, e la figura di Flora, più interessanti dal punto di vista decorativo che mitologico, vengono rapidamente accantonati. Una delle allegorie di maggior successo è costituita dalle Stagioni: il tema viene esemplificato da opere di artisti dell'Europa nord-orientale (Brēcens, Preisler), funzionali a dimostrare come iconografie classiche vengano declinate in versione paesaggistica baltica o boema, dove non splende la luce dell'estate greca, ma prevalgono i toni sommessi della primavera, delle ore crepuscolari e dell'autunno, presago di mortalità, appositamente giustapposto al vitalismo e alla giovinezza primaverili. "Bloom", inoltre, si riferisce allo sbocciare dell'individuo alla vita adulta, e quindi alla figura dell'efebo, espressione della bellezza adolescenziale maschile in una fase liminale dell'esistenza. Nel mito sono prediletti Narciso, per il carattere straziante dell'amore per sé stesso; ed Endimione, per il potere che la bellezza maschile esercita sulla donna e per l'ambientazione notturna e lunare del mito. Infine, la giovinezza in boccio si lega all'idea di salute (più o meno ciò che gli artisti Art Nouveau pensavano della propria arte "rivitalizzante"). Non solo elementi vegetali, ma anche alcuni animali sono legati all'ideale compresenza di giovinezza, bellezza e salute, più di tutti il pavone, benché provenga dall'arte giapponese più che dall'immaginario classico.

Il quinto capitolo, "Desire", il più lungo, è molto denso e ricco di rimandi a opere esemplificative. L'istanza principale è il modo in cui l'Art Nouveau esprime il desiderio, sia esso romantico o sensuale. Maggiore spazio è dato all'espressione della sessualità: evidente è la fascinazione per il corpo, soprattutto femminile, e per la forza attrattiva del desiderio e delle sue conseguenze talora infauste. Viene così esplorato nelle arti il conflitto tra ragione e sensi, anche alla luce della nascente psicanalisi. Come oggetti del desiderio sono presentate Danae e Leda; mentre il potenziale erotico femminile è incarnato soprattutto, come ci si aspetta, da Afrodite, trasposta anche in contesti diversi da quelli del mito, assumendo a volte caratteri quasi androgini che rimandano allo sbocciare delle pulsioni erotiche nell'età dell'adolescenza. Parimenti, l'innocenza di questa stessa età nella scoperta dell'amore, come nel caso di Dafni e Cloe, incontra il gusto di alcuni artisti. L'interesse di Warren è inoltre attratto dalla futilità della ragione di fronte alla passione, tema che si presta anche a una lettura in chiave satirica. Una nutrita serie di figure femminili illustra come a fine secolo si avvertisse una certa angoscia nei confronti di un tipo di donna, la "femme fatale", dalla sessualità libera, percepita come fascinosa ma pericolosa per l'uomo. Ne sono figure Medusa e le Sirene; mentre il corteggio di Dioniso (satiri, Pan, fauni, tiasoti, menadi e faunesse) si presta come metafora degli istinti sessuali, maschili e femminili; ladovve l'erma appare come simbolo di fertilità. Le ninfe invece tematizzano ideali di bellezza semplice e naturale; e per il legame di molte di loro con il mondo vegetale sono soggetti prediletti, per ragioni stilistiche, nelle arti applicate. Interesse per altri versanti dell'inconscio diversi dall'erotico si polarizzano sulla figura di Psiche. Grande spazio viene dato ad Aubrey Beardsley, figura imprescindibile nella dinamica di trasformazione erotica del classico. Infine, non vengono tralasciate due icone proprie di un immaginario che non è classico ma orientalista: Salomè e Salambò.

"Nation" tratta, per exempla, della declinazione nazionalistica che il classico assume in Paesi europei che anelavano alla propria sovranità: soprattutto la Polonia, scomparsa dalle carte geografiche come tale dalla fine del Settecento, ma anche la Cechia. Qui l'Art Nouveau si presta a un discorso nazionalistico grazie alla sua originaria tensione alle radici della tradizione in cerca di nuove forme espressive. Figure emblematiche, soprattutto per i temi delle loro opere, sono il polacco Jacek Malczewski, il cui simbolismo nazionalista attinge volentieri al patrimonio classico, pur in vesti contemporanee o tradizionali; e il moravo Mucha, che, trascorsi a Parigi gli anni più significativi dell'esperienza Art Nouveau, ritornato in patria la mette al servizio del vasto ciclo dell'"Epopea slava". A Praga, inoltre, lo stile viene associato alla decorazione di edifici pubblici, di carattere sia commerciale che culturale e di pubblica utilità. Altri due Paesi vivono una propria versione fortemente locale dell'Art Nouveau: da un lato la Catalogna, dove essa [i.e., la versione] si lega alla personalissima interpretazione (di questo stile e di eventuali ispirazioni classiche) di Antoni Gaudí; dall'altro l'Ungheria, dove però l'Art Nouveau arriva con un certo ritardo e dove il retaggio del classico resta molto blando. Non manca in chiusura un cenno all'interessante "Style sapin" svizzero, davvero più locale che nazionale.

L'ultimo capitolo, "Death", è dedicato al timore della morte, in quanto fine dell'esperienza della ricchezza della vita, ma anche alla fascinazione che la morte, come mistero cui si giunge attraverso stadi liminali, esercita sugli artisti Art Nouveau. La morte in sé può essere percepita come epica (ed è la poesia che salva l'uomo) o tragica, trasposta in nuovi contesti contemporanei o in "media" inediti, come i "posters" di Mucha per le tragedie allestite da Sarah Bernhardt. Ma rimanda alla morte anche un ricco immaginario, che mette in scena Hypnos, la Sfinge, Ecate, le profezie oracolari e alcune situazioni locali e temporali, come il mare e la notte.

Chiude il volume la breve "Conclusion", nella quale le numerose istanze del volume, riprese in più casi in capitoli diversi, sono infine riassunte in dieci punti principali.

Due meriti del volume vanno sottolineati: aver programmaticamente richiamato l'attenzione su artisti dell'Europa nord-orientale, molto poco noti al di fuori dei loro Paesi e che inoltre a prima vista non è immediato ricondurre nell'alveo stilistico dell'Art Nouveau; e l'interesse per materiali paratestuali, come le illustrazioni di opere letterarie e riviste, e i manifesti di esposizioni e spettacoli drammatici, con uno sguardo anche alla pubblicità e a scene e costumi per il teatro. Poco chiaro invece è quale sia il lettore cui l'autore intenda rivolgersi: per l'apparato di note assolutamente essenziale il libro non si può considerare opera di alta divulgazione, perché molto viene dato per scontato sia per quanto riguarda il quadro storico-culturale in cui si sviluppa l'Art Nouveau, sia nella dimensione più propriamente attinente al classico, nella quale Warren non sembra particolarmente a proprio agio (si vedano per esempio, una costante confusione della cetra con la lira; un'uniformazione tra fauni, satiri e panischi; qualche incertezza tra Atena Parthenos e Promachos, la lettura dell'Ecate tricorpore di Pirner come la dea sostenuta da altre due distinte figure femminili, ecc.). Il taglio molto ampio, e di nuovo la snellezza degli apparati, tuttavia, non riescono a renderlo un'opera per specialisti. Resta comunque un volume di agile lettura, con molti spunti di interesse che il lettore potrà eventualmente sviluppare da sé.

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