Sunday, April 22, 2018

2018.04.45

Giorgio Bonamente, Roberto Cristofoli, Carlo Santini (ed.), Le figure del mito in Properzio: Proceedings of the Twentieth International Conference on Propertius, Assisi-Bevagna, 30 May-1 June 2014. Studi di poesia latina, 20. Turnhout: Brepols, 2016. Pp. 437. ISBN 9782503569376. €95,00 (pb).

Reviewed by Nicoletta Bruno, Thesaurus Linguae Latinae, München​ (nicoletta.bruno@thesaurus.badw.de)

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Il volume raccoglie la maggior parte delle relazioni tenute al Convegno Le figure del mito in Properzio (Assisi-Bevagna, 30 maggio – 1 giugno 2014), 1 organizzato dall'Accademia Properziana del Subasio di Assisi. La città natale di Properzio ospita a cadenza biennale, sin dal 1976, prestigiosi convegni di studi sul poeta elegiaco latino.

Al tema del mito nelle elegie di Properzio hanno spesso rivolto la loro attenzione gli interpreti, come dimostrano anche i contributi del Convegno Properziano del 2002 (cf. BMCR 2005.04.24). Gli articoli contenuti nel volume sono tutti in lingua italiana, ad eccezione del contributo in spagnolo di Carmen Codoñer. Non si giustifica la traduzione dall'originale inglese del saggio di Alison Keith.

Il ricorso al mito si presenta, in particolar modo nell'età augustea, in tutta la sua radicale ambiguità, nelle trasposizioni e reinterpretazioni romane delle immagini del patrimonio leggendario greco. A ricostruire un quadro complesso e interdisciplinare concorrono tutti i contributi presenti nel volume, e le differenze metodologiche e i diversi approcci di ricerca ne rappresentano uno dei punti di forza.

Il volume si apre con il saggio di Paolo Fedeli, specialista mondiale della ricerca su Properzio e della poesia di età augustea. A partire dall'analisi dell'elegia 4, 9, lo studioso argomenta come l'autore latino si serva e manipoli il mito in senso ambiguo. Ercole, eroe in bilico tra divino e umano, inizialmente è visto sotto una luce eroica e invincibile, nel racconto della fatica contro Caco, già considerato esemplare in età augustea. Il richiamo allusivo all'episodio virgiliano nel libro VIII dell'Eneide, che sottolineava la potenza dell'eroe contro la brutalità del ladro dei buoi di Gerione, è palese. Del semidio Ottaviano rimarca la devozione, ma, emblematicamente, è anche il protettore della gens di Antonio. A questo punto comincia la degradazione dell'immagine mitica di Ercole, enfatizzata dagli aspetti buffoneschi della mancanza di moderazione nel consumo del vino e nei piaceri della tavola, già presente nella poesia greca (commedia, tragedia, tradizione alessandrina). La propaganda avversa era solita accostare Antonio a modelli negativi di comportamento, perché soggiogato dall'amore per Cleopatra e indotto dalla regina a intemperanze nei piaceri e alla mollezza nefasta dei costumi egizi. Proprio questo motiva l'accostamento tra il "nemico" Antonio e l'aspetto antieroico e degradato di Ercole.

Arcangela Cafagna analizza due episodi contenuti nelle elegie 4,7 e 4, 8, tratti dal ciclo troiano, in cui gli amanti elegiaci si "travestono" da eroi epici e ripropongono le situazioni dell'epos omerico e virgiliano con risultati paradossali. In 4, 7, ad esempio, l'apparizione agli occhi di Properzio dell'ombra di Cinzia riprende in forma analogica la visione di Achille dell'ombra di Patroclo nel XXIII canto dell'Iliade (vv. 69-92). La situazione dolorosa di lutto del modello omerico viene declinata da Properzio in modo funzionale al discorso elegiaco. Lo studio conferma che il riuso elegiaco di episodi ricavati dal repertorio dell'epica ha un tono e un risultato finale ben diversi da quelli del modello di riferimento, per via delle caratteristiche linguistico-stilistiche e delle finalità che differenziano i due generi letterari.

Il contributo di Giampiero Rosati mira a indagare il rapporto tra Properzio e il mito troiano, fondato sulla mediazione omerica e sui poemi del Ciclo epico. Si ridiscutono, così, le interrelazioni tra i testi elegiaci properziani e l'epos, tema su cui più volte ritornano gli interpreti, per proporre o affinare nuove chiavi di lettura. Attraverso una puntuale analisi dei testi, lo studioso giunge alla conclusione che l'erotizzazione dei personaggi del mito troiano (e.g. Pentesilea, Achille, Briseide, Paride, Elena) e di alcuni passi tratti dall'Iliade, è una caratteristica peculiare della tradizione post-omerica. Il mito troiano, pertanto, pur essendo un mito epico e di conseguenza anti-elegiaco, viene riletto come la storia di una "guerra per una donna", Elena, e acquista una veste elegiaca, perché diviene l'archetipo di una "guerra per amore". Alla luce di questa prospettiva, sia l'Iliade sia l'Odissea hanno la loro origine in una donna: in conclusione, infatti, Rosati cita Ovidio, che, nella sua provocatoria autodifesa davanti ad Augusto, sostiene che perfino Omero può considerarsi un poeta erotico (trist. 2, 371-80).

Il mito di Troia resurgens è al centro del contributo di Fabio Stok, richiamando il saggio del 1975 di Mario Pani. 2 Rappresenta una creazione letteraria nuova, nata in età augustea dall'idea che in Roma riviva l'antica Troia. Anche se i riferimenti al mito troiano non mancano in tutti i libri delle Elegie di Properzio, nel IV libro viene proposta un'immagine della guerra di Troia completamente diversa rispetto ai libri precedenti. Stok esamina un passo particolarmente problematico (4, 1, 39-54): la tradizione manoscritta colloca i vv. 87-88, che predicono la resurrezione di Troia, in posizione indubbiamente incongrua, ovvero nel discorso di Horos (dopo il v. 52). Lo studioso propende per l'espunzione del distico, giacché la collocazione dei vv. 87-88 non sembra una casuale trasposizione meccanica, bensì un'interpolazione

volta a includere nella profezia di Horos l'annuncio del futuro di Roma, anche in considerazione del fatto che Horos predice il disastroso ritorno in patria dei Greci, sottinteso nella profezia di Cassandra. (p. 86)

Con un approccio narratologico e il richiamo allo schema archetipico della ragazza perseguitata, Paola Pinotti, nel suo intervento, prende in esame le storie dell'eroina Antiope, nella 3, 15, e di Io nella 2, 33a. Secondo l'autrice, il primo mito è narrato da Properzio in "stile soggettivo", una modalità che ricorda lo stile epico virgiliano: un'interpretazione che supera l'approccio tradizionale del riuso del materiale mitologico da parte del poeta. Quanto alla seconda eroina, Io, Properzio offre una trattazione patetica del mito, dai toni ironici e dissacranti, nella quale l'eroina tragica subisce una metamorfosi elegiaca, finendo per interagire con il mondo del poeta e di Cinzia, non come una semplice citazione erudita, ma come protagonista di un'autentica avventura sentimentale.

Nel suo ampio contributo, Luciano Landolfi si occupa delle diverse funzioni delle divinità orientali nella poesia di Properzio: si passa dalla funzione metaletteraria (Bacco) a quella esornativa-pragmatica (Cibele), per poi giungere alla funzione paradigmatica e contraria (Iside) fino a quella complementare (Anubi). Grazie a una rigorosa analisi filologico-linguistica, il saggio mostra come le divinità orientali, nonostante la loro marginalità nel pantheon romano, abbiano arricchito in maniera considerevole il repertorio iconografico e simbolico del poeta elegiaco.

Il contributo di Rosa Alba Dimundo affronta nel dettaglio l'esame di tre figure femminili del ciclo troiano in versione elegiaca: Calipso, Penelope e Elena. Gran parte delle vicende mitiche, si è visto, sono impiegate da Properzio per illustrare le alterne vicende del suo rapporto con Cinzia. La ninfa Calipso, nell'analisi dell'elegia 1, 15, è per l'autrice il personaggio che risente maggiormente della "riduzione" elegiaca e subisce la trasformazione più radicale dei suoi connotati tradizionali. La Calipso properziana assume infatti una nuova personalità: abbandonata da Odisseo, la ninfa si trascura e si dispera, con un atteggiamento patetico e lamentoso, sulla spiaggia deserta.

L'intervento di Roberto Cristofoli è dedicato all'analisi storica dell'elegia 4, 10, che rievoca i tre episodi canonici di conquista e dedica a Giove Feretrio degli spolia opima, che la tradizione storica e mitologica attribuiva a Romolo, Cornelio Cosso e Claudio Marcello. La propaganda augustea, è ben noto, mirava all'assimilazione romulea della figura di Ottaviano. L'allineamento di Properzio all'ideologia di Augusto, risulta ed è particolarmente evidente nella 4, 10, in cui il fondatore di Roma è rivalutato rispetto ai libri precedenti e occupa con la sua impresa lo spazio maggiore, insieme al più lungo elogio del governo di Augusto, aderente ai dettami del mos maiorum.

Obiettivo del saggio di Francesca Boldrighini è rappresentato dalla decorazione pittorica a soggetto mitologico della Domus Musae, un edificio di epoca romana, sito al di sotto della chiesa di S. Maria Maggiore di Assisi. Lo studio si concentra inizialmente sui graffiti greci leggibili sulle pareti, in corrispondenza dei dipinti, che, purtroppo, non si sono completamente conservati. La Boldrighini conduce un'analisi comparativa delle diverse letture dei testi che sono state proposte nel corso degli anni e stabilisce un confronto tra i dipinti di Assisi e alcuni soggetti pittorici analoghi conservati in edifici di Pompei e dell'area campana, che consentono di avanzare ipotesi sul soggetto iconografico perduto nella Domus Musae umbra.

Carmen Codoñer dedica il suo studio al personaggio di Tarpea, protagonista dell'elegia 4, 4, che si rivela come un riflesso di Properzio stesso e della sua precedente produzione di carattere amoroso all'interno del IV libro. La scelta dell'eroina antepone la dimensione privata a quella pubblica, in controtendenza rispetto alla posizione che ha assunto il poeta al momento della stesura del libro, e pertanto sembra essere una sorta di lascito del vecchio Properzio al nuovo. La parte conclusiva dell'articolo è particolarmente convincente per la contrapposizione, nel personaggio di Tarpea, tra il desiderio d'amore e la rottura del patto della fides, attraverso il tradimento ai danni della sua patria (amor vs. fides).

Il nome di Cinzia è messo in relazione, già a partire dall'elegia 1, 1, con la figura della dea della caccia Diana, attraverso l'episodio del mito di Atalanta e Milanione, un'associazione che Properzio ha ereditato da Callimaco (Hymn. 3, 215-224). Nel suo saggio, Alison Keith rimarca i tratti distintivi che Cinzia eredita dall'archetipo della cacciatrice, in primo luogo la resistenza all'amore (la domina come cacciatrice). Tuttavia, pur essendo frequente l'analogia tra Cinzia e Diana (le allusioni compaiono in diverse elegie e in tutti i libri), spesso il rapporto tra la donna elegiaca e l'archetipo divino appare mutevole e complicato. Properzio, inoltre, lega la donna amata alla figura di Diana-divinità lunare (1, 1; 1, 2; 1, 3; 1, 10), proprio a confermare l'inclinazione programmatica del suo verso elegiaco.

L'intervento di Giovanni Polara dischiude una riflessione sull'aspetto teorico dell'uso del mito nella poesia di Properzio. L'exemplum mitologico, secondo lo studioso, serve al poeta soprattutto nei contesti autobiografici, per attenuare gli eccessi di coinvolgimento, componente ereditata dalla poesia ellenistica, in particolare callimachea. Sempre sulla scia di una riflessione teorica, nel saggio successivo, Carlo Santini spiega la natura simbolica dei miti acquatici. L'acqua rappresenta il simbolo della fluidità e della mutevolezza del riuso mitologico nel genere elegiaco e ritorna come elemento immancabile nella poetica properziana. Santini ripercorre lo studio del "simbolismo" properziano a partire dai moderni Hermann Hesse, Virginia Woolf e Robert Musil, fino ad approdare a letture sociologiche più recenti, come Zygmunt Bauman e la simbologia della "liquidità" contemporanea.

Il contributo archeologico di Fausto Zevi non riguarda propriamente Properzio, ma uno dei temi cari alla propaganda di età augustea: l'origine troiana di Roma. Il saggio di Zevi, dopo una efficace ricostruzione delle fonti storiche e letterarie delle fondazioni troiane nel Lazio, illustra le nuove scoperte nei luoghi del Lazio di cui parla Virgilio, ovvero il santuario lavinate del Sol Indiges e gli scavi di Castrum Inui, sede del santuario del dio Inus. Zevi ripercorre l'indagine del complesso del Castrum Inui ad Ardea, scoperto da Francesco Di Mario e ampiamente studiato da Mario Torelli, secondo il quale coinciderebbe con il sito che la tradizione indicava come l'approdo di Enea, descritto da Dionigi di Alicarnasso (Ant. Rom. 1, 64, 4-5).

Nelle sue lucide e attente conclusioni, Raffaele Perrelli sottolinea l'attenzione rivolta, in prevalenza, al IV libro, su cui si è ampiamente soffermato l'interesse degli studiosi negli ultimi anni, a partire dai commenti di Hutchinson (Cambridge 2006), Coutelle (Bruxelles 2015), Fedeli-Dimundo-Ciccarelli (Nordhausen 2015). I contributi raccolti nel presente volume gettano nuova luce su diversi aspetti, nella poetica e nell'età di Properzio, dell'uso del mito, in alcuni casi, degradato e rovesciato, in altri, enfatizzato a scopi propagandistici. ​



Notes:


1.   Non sono presenti i testi della lezione inaugurale del Convegno, tenuta da Piero Boitani, e l'intervento di Vittorio Ferraro.
2.   cf. M. Pani, "Troia resurgens: mito troiano e ideologia del principato", in AFLB 18, 1975, 65-85.

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