Thursday, January 14, 2016

2016.01.06

Paulin Ismard, La démocratie contre les experts: les esclaves publics en Grèce ancienne. L'Univers historique. Paris: Éditions du Seuil, 2015. Pp. 273. ISBN 9782021123623. €20.00 (pb).

Reviewed by Giovanni Marginesu, Università degli Studi di Sassari (gmarginesu@uniss.it)

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Constatata l'importanza assunta dai possessori di alti saperi tecnici e specialistici nelle democrazie globalizzate,La démocratie contre les experts rivisita il ruolo degli esperti nella "première démocratie de l'histoire, celle dont nous prétendons être, à tort et à raison, les héritiers" (p. 11). Nelle pagine dell'introduzione il tema è opportunamente compendiato (pp. 13-30). Ebbene, nella democrazia ateniese,1 l'esigenza di contemperare la considerazione del più grande numero di opinioni con la costruzione e la direzione di una struttura amministrativa di alto livello è risolta col ricorso e il conferimento di compiti specialistici ai demosioi che, esclusi dalla comunità politica, "ne risquaient pas de menacer l'ordre civique" (p. 16). Ben noti dalle fonti, essi non hanno ricevuto l'attenzione opportuna, perché si è affermato lo studio della schiavitù come fatto privato, ricadente nella sfera della proprietà e del lavoro. Gli schiavi pubblici tuttavia, appartenenti alla polis, vanno distinti dagli iloti o da altre figure, come i basilikoi, e se di essi preme dare una definizione, la più soddisfacente, dal punto di vista funzionale, potrebbe essere quella che individua dei soggetti che, anziché lavorare la terra, sono assegnatari di mansioni amministrative. Punto fermo nella bibliografia restano le ricerche di Jacob, consegnate alla monografia comparsa nel 1928 e ormai bisognosa di una revisione.2 Manifeste pretese della rivisitazione e, insieme, linee metodologiche di fondo: l'ovvio accumularsi di fonti, soprattutto epigrafiche; l'impegno a fugare l'ombra dell'ateno-centrismo; l'estrazione delle radici dell'istituto nel mondo arcaico ai suoi albori, nel punto di intersezione fra lo sviluppo della schiavitù-merce e la strutturazione dell'architettura poleica.

Nella 'Genèse' degli schiavi pubblici (pp. 31-61), lo stadio embrionale si riconoscerebbe nei demiurgi, figure che già nell'epica omerica compaiono in tutta la loro problematicità. Essi non risultano lavoratori sottoposti a ordini, ma 'spécialistes' disposti a mettere le loro abilità al servizio della comunità. La loro posizione privilegiata deriva dal fatto di intrattenere un rapporto diretto con il basileus, e, nel contempo, di essere liberi da vincoli rispetto all'oikos di costui. Il legame con il basileus è chiaro dall'episodio del castigo e della strage inflitta ai proci da Odisseo che risparmia Medone e Femio. L'eccentricità del demiurgo rispetto allo spazio politico produce esiti diversi, elaborati, fra l'altro, nell'episodio di Dolone (pp. 40-42): la ben nota vicenda dell'araldo troiano inviato nel campo nemico, catturato e divenuto traditore e delatore, trascrive nei versi del decimo canto dell'Iliade il rischio dei demiurghi di precipitare in una ingloriosa condizione sociale di esclusione e radicale condanna fino alla eliminazione fisica. Nel tardo arcaismo alcuni documenti mostrano la posizione ambigua, di grande rilievo sociale e destinataria di tutela e di protezione, conferita a quanti forniscono alla comunità dei servigi resi possibili grazie a non comuni abilità scrittorie: Spensithios, in particolare, intorno al 500 a.C., deve scrivere e ricordare per la polis le cose sacre e profane e assistere ai riti e alle celebrazioni accanto al massimo magistrato cittadino, il cosmo; egli riceve come compenso vitto, garanzie di partecipazione alle pratiche comunitarie e una sorta di immunità e inviolabilità.3 Passati attraverso i regimi tirannici, i demiurgi degenerano in figure organiche a strutture burocratiche sempre più complesse: il binomio tecnica/sapere va collocato fuori dalla sfera del politico; e se i magistrati non sono tecnici, ma cittadini, la figura che, nel mondo greco, poteva supplire a una simile esigenza era quella dello schiavo.

Nello studio del campo d'azione dei demosioi (pp. 63-94), si segnala il servizio presso il Consiglio dei Cinquecento; l'impegno con mansioni archivistiche presso il Metroon o in attività specialistiche correlate alla scrittura o al fianco degli Undici e soprattutto dei toxotai nei compiti di polizia. Vi è poi un loro ricorso nei cantieri cittadini e in operazioni artigianali. Ancora, essi operano nell'amministrazione dei santuari, non limitandosi alla mera assistenza del sacerdote, ma talora supplendone le funzioni. Gli schiavi pubblici non sembrano coinvolti nei lavori agricoli e nelle pratiche militari. La chiave interpretativa del loro status è nella marginalità dello schiavo: costui, collocato al di fuori della dimensione del politico, può assumere per una lunga durata compiti tecnici che ai cittadini sarebbero vietati per la regola dell'iterazione, o può effettuare compiti coercitivi e punitivi che imbarazzerebbero o addirittura comprometterebbero i rapporti fra membri del corpo cittadino. Pur condividendo con gli altri schiavi la condizione di somata, ossia dei corpi, quelli pubblici sono dei somata anomali (pp. 95-130), perché godono di privilegi, fra i quali quello di possedere dei beni. Tre elementi specifici sono poi enucleati: "usage du patronyme, existence de dynasties serviles, intégration des enfants de demosioi à la citoyenneté" (p. 112). Il conferimento di onori cittadini mette in crisi l'antitesi onore/schiavitù. La specificità degli schiavi pubblici è identificata proprio nel fatto che il rapporto con il loro padrone è diverso rispetto a quanto avviene nel privato: una ampia libertà deriva loro dallo statuto di bene cittadino.

In un lungo ragionamento (pp. 131-165) si tende poi a compendiare l'ideologia democratica ateniese della distinzione fra techne politica e technai demiurgiche. La techne politica è riservata ai cittadini, per il principio secondo cui garanzia di un giudizio e di un operato più equo possibile è nell'estensione della capacità decisionale a tutto il novero dei cittadini, facendo in modo che la valorizzazione delle competenze tecniche non degeneri nella creazione di una tecnocrazia. Ecco per quale ragione alcune competenze specialistiche, strategiche per il funzionamento della polis, dalla rendicontazione, alla inventariazione, al saggio della moneta ed al controllo del flusso monetario, possono essere delegate ai demosioi che, pur possedendo in via esclusiva tali abilità, non assurgono mai al centro del potere. Alla base di ciò vi è la separazione fra mondo dei cittadini liberi e mondo degli schiavi: pertanto si può concludere che "dans l'Athènes classique, l'ordre démocratique des savoirs est aussi l'ordre de la société esclavagiste" (p. 165).

L'ultimo capitolo (pp. 167-202) illustra il problema della polis come struttura di potere e amministrativa e la necessità di portare il suo volto burocratico e coercitivo in una istanza estranea al corpo dei cittadini stessi, attraverso tre testi: L'Edipo Re, il Fedone e, inaspettatamente, gli Atti degli Apostoli. In particolare, uscendo dall'ambito prettamente ateniese e squisitamente classico, nel capitolo ottavo dell'opera sacra e nel racconto della conversione dell'eunuco etiope, servo della regina Candace, si leggerebbe la vocazione universalistica dello schiavo pubblico a rappresentare, in nome della sua condizione ambigua, liminare, neutrale, il tramite del processo storico e culturale rivoluzionario della conversione delle genti al Cristianesimo; risulta infatti l'Etiope il primo non giudeo a essere battezzato da Filippo sulla strada di Gaza. Così il servo pubblico si proietta ambiguamente come "spectre du philosophe, ombre du roi, corps fantôme d'une communauté encore à venir"(p. 202).

Utilizzando gli strumenti tradizionali dello storico antico e dosando la comparazione con altri contesti culturali, il saggio si inserisce entro un filone di studi che negli ultimi anni è assai nutrito, soprattutto per il rifiuto del modello finleyano; per la discussione se la polis sia state o stateless society; per lo studio della comunità attraverso la dimensione negativa della marginalità e dell'Altro. Certo, l'interpretazione dei demosioi sopra compendiata, come tutte le sintesi interpretative, è da collocarsi e e sarà da rileggersi nella dialettica del dibattito:4 l'autore è sempre il migliore sodale delle sue idee, ma a riprendere in mano le fonti si scopre che sopravvivono spesso delle zone d'ombra; le iscrizioni per esempio presentano dei casi ambigui, proprio in questo senso. Che dire, per fare un esempio, di quel tale Antikles che nei rendiconti per la costruzione del Partenone compare prima come syngrammateus e poi con grammateus, protagonista di una strana carriera che corre per tutta la durata del cantiere?5 Si tratta di una delle tante domande che si possono porre quando si tratta del rapporto fra status di un individuo e sue competenze tecniche e gestionali. Si tenga conto tuttavia che il contributo intellettuale più stimolante, e di drammatica attualità, è nella riflessione sul peso politico di figure di tecnici e specialisti nella gestione delle amministrazioni pubbliche. È innegabile che Ismar, con il suo saggio, non nasconda l'ambizione a disegnare una linea di discontinuità fra democrazie antiche e moderne e non celi l'aspirazione a irrompere nel dibattito sulla globalizzazione.



Notes:


1.   Recente riesame e sintesi delle principali linee problematiche in R. Kraut, La democrazia greca, in L. Canfora, R. Kraut, T.J. Saunders, R. Robinson et al., Aristotele. Politica. Vol. I, Milano 2014, pp. xxxiii-lxxxvii.
2.   O. Jacob, Les esclaves publics à Athènes, Liège 1928.
3.   Segnalo di aver affrontato il problema dello status sociale di Spensithios (in rapporto al suo ruolo professionale e nel quadro della società cretese del tardo arcaismo) e di aver discusso la questione del contrasto fra la sua centralità e i rischi cui sembra essere esposto in virtù della sua condizione, in G. Marginesu, Prestigio dello scriba e autorità dello scritto. Il caso di Spensithios, in ASAA 84, 2008 [2006], 381-416.
4.   Solo per portare due esempi recenti, l'argomento è trattato sotto una luce completamente diversa da L. Migeotte, Les finances des cités grecques, Paris 2014, 579-580; D. M. Pritchard, Public Spending and Democracy in Classical Athens, Austin 2015, 82-86.
5.   V. e.g. IG I3 437.38.

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