Thursday, November 18, 2010

2010.11.37

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Nathalie Barrandon, François Kirbihler (ed.), Administrer les provinces de la République romaine. Actes du colloque de l'université de Nancy II, 4-5 juin 2009. Histoire. Rennes: Presses Universitaires de Rennes, 2010. Pp. 218. ISBN 9782753510173. €16.00 (pb).

Reviewed by Alberto Dalla Rosa, Università di Pisa

Table of Contents

Esistono molti punti di vista dai quali considerare il potere romano sulle province in epoca repubblicana. Quello scelto dagli organizzatori del convegno di Nancy del 4-5 giugno 2009, i cui atti sono raccolti nel volume qui recensito, guarda al governatore romano non come comandante militare, ma come amministratore, cioè agente responsabile davanti al senato e al popolo di Roma per il mantenimento della pace e la riscossione dei tributi nella propria provincia. Consapevoli dei limiti della sola prospettiva romanocentrica, gli stessi Barrandon e Kirbihler avevano già previsto un secondo convegno dal titolo "Les gouverneurs et les provinciaux sous la République romaine" che si è già tenuto a Nantes il 25-26 maggio 2010. Il volume presenta due interventi introduttivi ed è poi diviso in due parti: "Le gouverneur: un représentant du Sénat et du peuple", e "Le cadre et les modalités des missions administratives des gouverneurs". Sono presenti contributi di specialisti sia della parte occidentale che di quella orientale dell'impero, studiosi affermati e giovani. Molti degli interventi si basano sulla rassegna sistematica delle fonti per uno specifico problema, con il fine di riconsiderare la bontà di certi approcci metodologici o per riaprire il dibattito su questioni controverse. Il risultato è perciò generalmente convincente e comunque stimolante, a prescindere dall'accettazione o meno delle argomentazioni proposte dai singoli autori.

Come di consueto, l'introduzione di Barrandon e Kirbihler (pp. 9-20) dà una panoramica dei problemi affrontati dai vari interventi, alla quale aggiunge una rassegna delle principali opere storiografiche relative all'amministrazione delle province nell'ultimo secolo. La parte introduttiva è conclusa da E. Hermon (pp. 21-30), che passa brevemente in rassegna il concetto di spazialità e di "governance" come chiavi di lettura dell'amministrazione romana, attingendo largamente dai risultati di una sua monografia del 1993 e di due convegni da lei organizzati nel 1989 e nel 1994.1

La prima sezione è incentrata sulla figura del governatore e sul ruolo del senato e del popolo nella direzione della politica romana sulle province. Il contributo di J.-L. Ferrary (pp. 33-44) considera il ruolo della legislazione popolare nella creazione, assegnazione e amministrazione delle province. Lo studioso avanza solide argomentazioni a proposito della necessità di una ratificazione comiziale in caso di costituzione di nuove province permanenti; convincente è anche la proposta (parzialmente vista da Mommsen e già esposta in una pubblicazione del 2008)2 che contestualmente all'aumento dei pretori nel 228 e nel 197 a.C. fosse espressamente stata stabilita per legge la loro destinazione alle nuove province (Sicilia, Sardegna e le Spagne), rendendo obbligatorio l'intervento popolare in caso di deroga, ad esempio per altra destinazione del pretore o per proroga del governatore dell'anno precedente; questa situazione sarebbe però cambiata con la riforma del numero dei pretori del 181, la quale diede al senato completa discrezione sulla destinazione dei governatori provinciali. Da condividere anche la proposta della necessità di una legge per assegnare l'imperium ai proconsoli inviati sulla base della lex Pompeia del 52 a.C., in quanto privati al momento dell'assegnazione.

Fr. Hurlet (pp. 45-72) considera alcuni aspetti della profectio dei governatori di rango pretorio nel periodo 82-52, confermando ormai definitivamente che anche per i pretori non è possibile ipotizzare una riforma sillana che li abbia privati dell'imperium militiae durante l'anno di magistratura. L'argomentazione segue da vicino quella di A. Giovannini, "Consulare imperium", Basel 1983 e mostra che anche se i pretori passavano la maggior parte dell'anno a Roma, partivano per la provincia prima della scadenza della magistratura; essi perciò governavano le province come propretori, ma erano dotati di un'autorità che derivava direttamente dalla magistratura (ex praetura) e detenevano un pieno imperium auspiciumque in ambito militare. L'intervento è seguito da una breve appendice (pp. 73-75), firmata dallo stesso Hurlet e da Fr. Vervaet, sulle variazioni della titolatura e dei poteri (pro praetore o pro consule) dei governatori provinciali di rango pretorio.

Molto stimolante è lo studio di N. Barrandon sulla corrispondenza ufficiale tra senato e magistrati (pp. 77-98), della quale si analizzano il linguaggio e le modalità di trasmissione. La Barrandon ricostruisce bene gli elementi chiave del codice diplomatico tra i governatori e l'assemblea, come anche il ruolo politico di queste comunicazioni pubbliche. Dallo studio risultano anche evidenti i numerosi casi in cui era labile il confine tra una lettera privata e una ufficiale; epoche di crisi, come quella del conflitto tra Cesare e Pompeo, fecero passare in secondo piano il ruolo dell'assemblea e dei magistrati a favore dei capi fazione. Si tratta di un aspetto importante per chi voglia prolungare lo studio all'epoca augustea, quando il principe riuscì gradualmente, grazie al suo ruolo spesso a metà tra l'ufficiale e l'ufficioso, a sostituire il senato e i magistrati come centro della corrispondenza dei governatori. Lo studio è ben condotto e informato, anche se incompleto per ovvie ragioni di spazio: sono solo accennate le comunicazioni verbali affidate ad intermediari e manca ogni riferimento al tema dei mandata senatus.

Il sintetico intervento di P. Heilporn (pp. 99-111) passa rapidamente in rassegna le fonti relative alla presenza romana nell'Egitto tolemaico per poi concentrarsi sul testo di due papiri recentemente al centro dell'attenzione degli studiosi: il primo (P. Med. inv. 68.53) è quello relativo a Rabirio Postumo, attivo ad Alessandria nel 55 a.C., ma l'autore considera questo documento come facente parte di una più ampia tradizione di testi di sentimento antiromano in circolazione fino all'epoca imperiale, affine a quelli che conosciamo dagli Acta Alexandrinorum; il secondo (P. Bingen 45) riguarda gli eccezionali benefici commerciali accordati da Cleopatra a un romano (forse P. Canidio o Q. Cascellio) nel 33 a.C.

La prima parte è conclusa dal contributo di P. Goukowsky (pp. 113-130), che raccoglie gli accenni contenuti nei frammenti degli ultimi dieci libri della Biblioteca Storica di Diodoro Siculo per ricostruire l'opinione dell'autore sul dominio romano nell'epoca dell'imperialismo. Ne risulta un quadro decisamente negativo, in cui gli amministratori sono guidati dall'avidità, tranne che per alcune eccezioni come Emilio Paolo e Mucio Scevola; solo con Pompeo e poi con Cesare, i Greci parrebbero aver finalmente trovato dei degni "patroni" (p. 130), capaci di tutelare la loro dignità. Per via dello stato frammentario della sua opera, Diodoro non è molto utilizzato dagli studiosi della tarda Repubblica e lavori come questo sono sicuramente benvenuti.3 Pur nella sua sintesi, l'analisi è molto chiara e mette in evidenza i legami di Diodoro con una certa storiografia senatoria ostile ai Gracchi e alla classe equestre.

La seconda parte si apre con una rilettura, scritta in collaborazione da M. Coudry e Fr. Kirbihler, delle nostre informazioni sulla lex Cornelia per la provincia d'Asia (pp. 133-169). Dopo aver enumerato i dati a nostra disposizione per la definizione del concetto romano di "lex provinciae", M. Coudry commenta i documenti relativi alla legge sillana per la provincia d'Asia (Cic, fam. 3, 8, 3; 10, 6; TAM V 2, 856; RDGE 65D, 82-84) che attestano chiaramente un intervento negli ordinamenti municipali della provincia (limiti alle spese per le ambascerie; procedure elettorali; approvazione di lasciti a fondazioni); Successivamente Kirbihler tenta di rintracciare negli ordinamenti delle poleis asiane indizi di una volontà sillana di favorire governi di tipo aristocratico su quelli di tipo democratico; la conclusione, affidata di nuovo alla Coudry, considera anche altri aspetti legati alla presenza di Silla in Asia, come i 44 distretti per il pagamento del tributo straordinario e alcune modificazioni nel koinon della provincia. Gli autori ammettono di addentrarsi in un territorio difficile e in alcune parti si spingono oltre quello che le fonti permettono di dedurre. L'ipotesi che sia esistita una lex Cornelia che incideva sugli ordinamenti municipali asiani è ben fondata e trova già sostenitori autorevoli, tra cui J.-L. Ferrary e M. Crawford; tuttavia resta ancora da discutere se sia esistito un concetto generale di "lex provinciae" e a che cosa corrispondesse. A parte che per la lex Rupilia per la Sicilia e la lex Pompeia per la Bitinia, le disposizioni romane di questo tipo sono sempre citate genericamente col plurale leges o νόμοι (cf. anche il collettivo νομοθεσία). Gli argomenti a favore dell'esistenza di un "règlement provincial" unitario (p. 133-138) non sembrano dirimenti; è dunque più cauto pensare a una serie di provvedimenti come già proposto da Lintott4 ed è probabile che anche testi di ampia portata subissero numerosi emendamenti e aggiornamenti alla maniera di quanto possiamo riscontrare nella lex portorii Asiae.

Toni Ñaco del Hoyo riflette sull'applicabilità della nozione di "war economy" al dominio romano in Spagna nell'epoca repubblicana (p.171-180). A suo avviso, non esistono prove sufficienti per ipotizzare una tassazione regolare, anche basata su tributi fissi. Il tema è complesso e questo "minimalist approach" può avere senso per le zone in cui uno stato di conflitto endemico impedì ai Romani di imporre il proprio dominio. Tuttavia, esempi come quello di Ti. Sempronio Gracco nel 178 a.C., il quale operò assegnazioni di terre tra i Celtiberi fondando anche delle città (App. iber. 175–83), dimostrano l'applicazione (anche se non su grande scala) di un modello di sottomissione basato sulla sedentarizzazione entro confini certi; questo implica facilmente la capacità di stimare i beni di una comunità e la fissazione di un tributo regolare.

J. Fournier offre una panoramica del rapporto tra la giurisdizione del governatore e quella delle comunità peregrine per come ci è presentata nel corpus ciceroniano (pp. 181-194). Emergono chiaramente differenze e somiglianze tra le soluzioni adottate nelle diverse province, come anche l'ampia adattabilità del sistema a seconda delle condizioni della provincia, oppure per il mero profitto del governatore. Lo studio presenta una bibliografia troppo asciutta per problemi già ampiamente studiati, come a proposito del sistema dei conventus, per i quali non sono presi in considerazione i recenti contributi di S. Mitchell, D. Campanile e G. D. Merola.5 Trattazione più profonda si trova nella monografia appena pubblicata dallo stesso Fournier, della quale questo intervento costituisce un invito alla lettura.6

L'ultimo intervento del volume è di B. Le Teuff (pp. 195-211) che raccoglie le fonti a nostra disposizione sui censimenti provinciali in epoca repubblicana e ricostruisce i precedenti che avrebbero portato alla razionalizzazione del sistema in epoca cesaro-augustea. Preciso e ben informato, il contributo è connesso alla tesi di dottorato della studiosa, dedicata ai censimenti provinciali da Augusto a Diocleziano.

In conclusione, si tratta di un volume ricco di interventi capaci di offrire in maniera sintetica una visione ben documentata di aspetti complessi dell'amministrazione romana; una pubblicazione che fa constatare con piacere la costante vitalità degli studi sull'amministrazione provinciale in ambiente francese e francofono.



Notes:


1.   Hermon, E., Rome et la Gaule Transalpine avant César (Napoli, 1993); Hermon, E. (ed), Gouvernants et Gouvernés dans l'Imperium Romanum (Trois Rivières, 1991); Hermon, E. (ed.), Pouvoir et Imperium (Napoli, 1996).
2.   Ferrary, J.-L., Provinces, magistratures et lois: la création des provinces sous la République, in: Piso, I. (ed.) Die Römischen Provinzen: Begriff und Gründung (Cluj–Napoca, 2008): 7-18.
3.   Dello stesso autore cf. anche Goukowsky, P., Diodore de Sicile, Pompéien repenti? CRAI 148 (2004): 599–622.
4.   Lintott, A. W., Imperium Romanum: politics and administration (London, 1993): 30-31.
5.   Mitchell, S., The Administration of Roman Asia from 133 BC to AD 250, in: Eck, W. (ed.), Lokale Autonomie und römische Ordnungsmacht in den kaiserzeitlichen Provinzen (München, 1999); Merola, G. D., Autonomia locale, governo imperiale (Bari, 2001); Campanile, D., L'infanzia della provincia d'Asia: l'origine dei conventus iuridici nella provincia, in: Bearzot, C., et al. (edd.): Gli stati territoriali nel mondo antico (Milano, 2003): 271–88; Campanile, D., I distretti giudiziari d'Asia e la data d'istituzione del distretto ellespontico, in: Laffi, U., et al. (edd.): Artissimum memoriae vinculum (Firenze, 2004): 129–42;
6.   Fournier, J.; Entre tutelle romaine et autonomie civique (Athènes, 2010).

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